Durante l’estate del 1950 Enrico Fermi, uno dei padri dell’era atomica, insieme ai suoi amici Edward Teller, Emil Konopinski e Herbert York, stavano camminando sotto il sole caldo del Nuovo Messico per recarsi a pranzo nella caffetteria del Laboratorio di Los Alamos. Casualmente quel giorno la conversazione toccò l’argomento dei dischi volanti e secondo Teller, la chiacchierata fu piuttosto breve e superficiale su un argomento solo vagamente correlato ai viaggi nello spazio. Uno di loro aveva da poco visto una vignetta su The New Yorker che ritraeva alieni intenti a rubare bidoni dell’immondizia, e così discussero sul tema dell’ovvietà che i dischi volanti non siano reali.
Lo scambio di vedute immancabilmente sconfinò per un certo tempo nei tristi meandri della matematica, quando a un certo punto, come ricorda Konopinski, Fermi li sorprese con la domanda: “Ma dove sono tutti quanti?” Il suo modo forse troppo scollegato per dirlo innescò una certa ilarità tra i presenti, anche se era chiaro che il soggetto fosse la vita extraterrestre e secondo York, egli proseguì con una serie di calcoli sulla probabilità della vita umana, la probabile emersione e la durata di tecnologie avanzate e così via, concludendo sulla base di tali calcoli che l’evenienza di civiltà intelligenti a noi vicine poteva essere molto alta e che probabilmente siamo stati visitati da alieni molto tempo fa e per molte volte ancora. Questa conversazione informale è stata la base sulla quale è stata in seguito costruita la celebre equazione di Drake, un esperimento concettuale speculativo sulla statistica che tenta di esplorare matematicamente le probabilità di vita aliena intelligente in questa zona dell’universo e in questo periodo storico. Naturalmente la soluzione “reale” dell’equazione di Drake non è la risposta in sé, lo sono piuttosto le domande che essa può generare nel tentativo di risolverla.
Enrico Fermi era noto presso i suoi studenti per la sua abitudine di eseguire a mente stime di ogni tipo di grandezza. Una volta chiese ai suoi studenti quanti accordatori di pianoforte ci fossero a Chicago: il modo in cui calcolò la risposta assomiglia al tipo di ragionamento sotteso all’equazione di Drake. Fermi suppose che Chicago dovesse avere circa tre milioni di abitanti, e che circa una famiglia su venti dovesse possedere un pianoforte. Se la famiglia media è composta da cinque elementi e un piano richiede in media un’accordatura all’anno, e se un accordatore può eseguire due accordature al giorno per 200 giorni all’anno, allora Chicago ha bisogno di 75 accordatori. Il risultato è dato semplicemente dal prodotto dei fattori elencati, ma ammetto di non averli calcolati personalmente.
Fermi e i suoi amici azzardarono alcune risposte plausibili alla fatidica domanda, ad esempio le enormi distanze dello spazio vanificherebbero ogni sorta di viaggio interstellare, e quand’anche ciò fosse possibile, potrebbe non valerne lo sforzo per conseguirlo, oppure ancora che civiltà avanzate potrebbero non sopravvivere abbastanza a lungo per raggiungere il livello tecnologico sufficiente a decollare per compiere viaggi interstellari. Da allora sono innumerevoli i tentativi di proporre strane, nuove soluzioni all’ambiguo paradosso, alcune diventate best seller come il saggio di Stephen Webb, Fisico teorico e collezionista di soluzioni al paradosso di Fermi, tradotto in italiano con il titolo “Se l’Universo brulica di alieni… dove sono tutti quanti?” Certo, ogni soluzione è limitata dalla conoscenza acquisita e dalla nostra capacità di teorizzare, pur con tutte le astrazioni che ci sono concesse dalle nostre enormi limitazioni cognitive. La questione tuttavia non può privarsi di ogni sorta di complessità…