Dimmi l’ora precisa e ti dirò quanto pesi (la sostanza del tempo)

Interferenza in onde acquose

Interferenza in onde acquose

Come effettuare una misura gravimetrica con precisione estrema rappresenta una questione a cui è difficile rispondere, in quanto la misura di una massa è affetta da un certo numero di problemi che vanno ad inficiare direttamente sul sistema di misura, il quale è perennemente sottoposto ad un meccanismo di comparazione che trascina con se altre incertezze rilevanti.

La pesata è una delle operazioni più frequenti del laboratorio, una delle sporadiche situazioni in cui è possibile avvertire il “peso” del problema della precisione. Le moderne bilance analitiche oggi riescono a garantire una riduzione dei tempi di misurazione e una precisione ottimale grazie all’elettronica sofisticata e ad un sistema di taratura periodico che certifica la “bontà” della misura entro certi termini di confidenza. Tuttavia esistono problemi collaterali dovuti a influenze fisiche (evaporazione, variazione del contenuto di umidità) o a forze esterne (magnetismo, cariche elettrostatiche) da non sottovalutare che potrebbero essere interpretate come variazioni della massa effettive quando in realtà dipendono da fattori diversi.

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Equazione di Drake e Paradosso di Fermi: come ignorare le complessità e dichiararsi padroni dell’universo

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Evidentemente la ricerca sulla vignetta degli alieni non è andata a buon fine!

Durante l’estate del 1950 Enrico Fermi, uno dei padri dell’era atomica, insieme ai suoi amici Edward Teller, Emil Konopinski e Herbert York, stavano camminando sotto il sole caldo del Nuovo Messico per recarsi a pranzo nella caffetteria del Laboratorio di Los Alamos. Casualmente quel giorno la conversazione toccò l’argomento dei dischi volanti e secondo Teller, la chiacchierata fu piuttosto breve e superficiale su un argomento solo vagamente correlato ai viaggi nello spazio. Uno di loro aveva da poco visto una vignetta su The New Yorker che ritraeva alieni intenti a rubare bidoni dell’immondizia, e così discussero sul tema dell’ovvietà che i dischi volanti non siano reali.

Lo scambio di vedute immancabilmente sconfinò per un certo tempo nei tristi meandri della matematica, quando a un certo punto, come ricorda Konopinski, Fermi li sorprese con la domanda: “Ma dove sono tutti quanti?” Il suo modo forse troppo scollegato per dirlo innescò una certa ilarità tra i presenti, anche se era chiaro che il soggetto fosse la vita extraterrestre e secondo York, egli proseguì con una serie di calcoli sulla probabilità della vita umana, la probabile emersione e la durata di tecnologie avanzate e così via, concludendo sulla base di tali calcoli che l’evenienza di civiltà intelligenti a noi vicine poteva essere molto alta e che probabilmente siamo stati visitati da alieni molto tempo fa e per molte volte ancora. Questa conversazione informale è stata la base sulla quale è stata in seguito costruita la celebre equazione di Drake, un esperimento concettuale speculativo sulla statistica che tenta di esplorare matematicamente le probabilità di vita aliena intelligente in questa zona dell’universo e in questo periodo storico. Naturalmente la soluzione “reale” dell’equazione di Drake non è la risposta in sé, lo sono piuttosto le domande che essa può generare nel tentativo di risolverla.

Enrico Fermi era noto presso i suoi studenti per la sua abitudine di eseguire a mente stime di ogni tipo di grandezza. Una volta chiese ai suoi studenti quanti accordatori di pianoforte ci fossero a Chicago: il modo in cui calcolò la risposta assomiglia al tipo di ragionamento sotteso all’equazione di Drake. Fermi suppose che Chicago dovesse avere circa tre milioni di abitanti, e che circa una famiglia su venti dovesse possedere un pianoforte. Se la famiglia media è composta da cinque elementi e un piano richiede in media un’accordatura all’anno, e se un accordatore può eseguire due accordature al giorno per 200 giorni all’anno, allora Chicago ha bisogno di 75 accordatori. Il risultato è dato semplicemente dal prodotto dei fattori elencati, ma ammetto di non averli calcolati personalmente.

Fermi e i suoi amici azzardarono alcune risposte plausibili alla fatidica domanda, ad esempio le enormi distanze dello spazio vanificherebbero ogni sorta di viaggio interstellare, e quand’anche ciò fosse possibile, potrebbe non valerne lo sforzo per conseguirlo, oppure ancora che civiltà avanzate potrebbero non sopravvivere abbastanza a lungo per raggiungere il livello tecnologico sufficiente a decollare per compiere viaggi interstellari. Da allora sono innumerevoli i tentativi di proporre strane, nuove soluzioni all’ambiguo paradosso, alcune diventate best seller come il saggio di Stephen Webb, Fisico teorico e collezionista di soluzioni al paradosso di Fermi, tradotto in italiano con il titolo “Se l’Universo brulica di alieni… dove sono tutti quanti?” Certo, ogni soluzione è limitata dalla conoscenza acquisita e dalla nostra capacità di teorizzare, pur con tutte le astrazioni che ci sono concesse dalle nostre enormi limitazioni cognitive. La questione tuttavia non può privarsi di ogni sorta di complessità…

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Sulla discriminazione tra semimetallo e metalloide (i precari della tavola periodica)

Se c’è una cosa che proprio mi lascia l’amaro in bocca, è quella sensazione di incompletezza che aleggia intorno ad un lavoro incompiuto, come dire a un muratore di costruire un muro e poi abbandonarlo a se stesso, ignorando perfino se il muro sia stato effettivamente costruito oppure no. Quella stessa sensazione che si prova scorrendo le moltitudini di bozze inevase che albergano nei nostri buoni propositi, ma che per un motivo o per l’altro, faticano ad emergere e rimangono li, per una virtuale eternità. Detesto anche le imprecisioni, gli errori grossolani, le incomprensioni dovute ad accordi troppo convenzionali e troppo poco rigorosi o incisivi, al punto da diventare puntiglioso per ogni piccolezza, di quelli che spigolano sui decimali e si accorgono delle sviste con un colpo d’occhio, ma non finiscono mai di correggere le proprie bozze e tantomeno sono capaci di terminarle per davvero, vittime del loro stesso pignolo ed esagerato perfezionismo che si rivela inconcludente più volte del previsto, quando non proprio deleterio.

Per questi motivi quando scopro che nel 2012 esiste ancora una controversia irrisolta che latita indisturbata da almeno 30 anni, in merito alla nomenclatura di uno dei tre gruppi principali in cui si possono suddividere gli elementi chimici secondo le loro proprietà, allora decido di scrivere quella fatidica bozza. Se adesso la state leggendo significa che sono riuscito a sconfiggere il ‘perfettino’ che alberga nel mio subconscio, ma vuole anche dire che vi beccate qualche imprecisione, e di ciò chiedo venia in anticipo.  🙂

Immagino che nessuno batta ciglio se parlo di metalli; chiunque, chimici e non, sanno di cosa sto cianciando. Certo i chimici magari sapranno qualcosa in più, tipo il comune aspetto di un solido che riflette la luce in un certo modo mentre conduce calore ed elettricità oltre ad altri dettagli che vado a tralasciare. Se chiedo cosa sono i non metalli, mi aspetto qualche secondo per una formale pausa di riflessione dopo di che l’intuito deduttivo prende il sopravvento e risponde (ovviamente): “tutto ciò che non è metallico!” Tralasciamo anche qui inutili dettagli e passiamo subito al terzo gruppo. Domanda: “non sono metalli e nemmeno non metalli. Cosa sono?”

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Tutto il fascino della chimica nelle candele di Natale

Tanto tempo fa, quando l’illuminazione casalinga era dominata da tremolanti fiammelle che consumavano un timido stoppino immerso in un cilindro di cera solida, forse era più facile viaggiare all’interno di quel mondo fantastico generato da chi osava curiosare in quegli strani “meccanismi” della natura, scoprendo al termine di un lungo percorso anche i più piccoli segreti chimici che una misera candela nascondeva dietro la sua scontata semplicità!

Dalla cera delle api, all’estratto di cannella, dal grasso dei pesci candela al sebo dei mammiferi, numerosi e diversi sono stati i materiali utilizzati per la manifattura delle candele, eppure per tutti quanti è possibile riassumere la reazione di combustione in una singola formula esaustiva che li comprende indiscriminatamente:

Un’equazione come questa fornisce in modo diretto e semplificato l’informazione di come inizia e come termina una qualsiasi combustione che si verifica accendendo (anche) una candela, tuttavia possiamo facilmente immaginare che le cose siano un tantino più complesse, e si potranno (ri)scoprire proseguendo nella lettura, ma solo se siete altrettanto curiosi di quanto lo furono i fortunati allievi di Faraday durante le sue lezioni …

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Radiogenesi per creazionisti

Solfato di bario in crescendo ...

Potrebbe sembrare incredibile, ma quaranta anni dopo il celebre colpo di grazia inferto da  Louis Pasteur alla teoria della generazione spontanea nel 1864, accadde un evento che turbò il mondo scientifico, rimettendo tutto in discussione e donando nuova linfa vitale, tanto per usare una locuzione pertinente, alla schiera di creazionisti rimasti orfani dalla prova schiacciante che il celebre biologo riuscì a realizzare con un semplice esperimento riproducibile con estrema facilità.

Creare la vita dalla materia inanimata è sempre stato il sogno recondito di molti scienziati nel corso della storia, e nemmeno i clamorosi fiaschi di coloro che ci provarono individuando nell’elettricità la proverbiale “scintilla”, l’elemento vivificatore della materia in pieno stile shelleyniano, riuscì a scoraggiare i più entusiasti, tanto che la scoperta della radioattività, insieme agli elementi luccicanti manipolati dai coniugi Curie, allora sembrarono i candidati perfetti per quello scopo.

A farne le spese fu proprio il neoarrivato radio, l’effimero elemento che qualche anno più tardi fruttò il premio Nobel ai suoi scopritori. A quei tempi il radio era una vera e propria meraviglia della scienza, da alcuni equiparato ai titoli delle case automobilistiche nelle borse delle speranze scientifiche degli inizi del novecento, sempre in rialzo, manco fosse uno spread impazzito ante litteram. Povero radio! Nel mercato della scienza diventò come il prezzemolo, fu introdotto come elemento miracoloso per la cura di ogni malattia incurabile, con medicamenti, lenti radioattive per rinforzare la vista, improbabili creme per la pelle, supposte, pastiglie, acque minerali terapeutiche e perfino come ingrediente sopraffino nel cioccolato, giusto per non farsi mancare nulla, ma questa è un’altra storia e l’ho già raccontata qualche tempo fa.

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La signora della radioattività

Marie Curie

Ci sarebbe da evocare la casuale affinità etimologica tra la curiosità che uccise l’incauto gatto e lo strano destino che portò sull’altare Maria Salomea Skłodowska detta Manya, a congiungersi con Pierre Curie, ma sarebbe irriverente, oltre che impertinente. Fatto sta che Marie deve la sua storia romanzesca ed esemplare esistenza alla sua caparbietà, intelligenza, determinazione, genialità quasi ossessiva, ma soprattutto alla sua curiosità, una qualità di incommensurabile valore per il progresso scientifico. Suo è il noto aforisma:

Sii meno curioso della gente, e più curioso delle idee.

Ma è soprattutto con questa citazione dal convegno della cultura del 1933 che si esprime tutta la sua umile ma importante essenza:

Uno scienziato nel suo laboratorio non è soltanto un tecnico, è anche un fanciullo posto di fronte a fenomeni naturali che lo impressionano come un racconto di fate. Dobbiamo avere un mezzo per comunicare questo sentimento all’esterno, non dobbiamo lasciar credere che ogni progresso scientifico si riduca a macchine e ingranaggi. L’umanità ha bisogno di persone d’azione, ma ha anche bisogno di sognatori per i quali perseguire disinteressatamente un fine è altrettanto imperioso quanto è per loro impossibile pensare al proprio profitto.

Fiumi di inchiostro e oceani di bit che commemorano una delle donne più straordinarie della storia della scienza, attestano l’autorevolezza della scienziata che è stata scelta come emblema indiscusso dell’anno internazionale della chimica, in occasione del centenario del premio Nobel per la chimica, da lei ricevuto nel 1911 “in riconoscimento dei suoi servizi al progresso della chimica per la scoperta del radio e del polonio, per l’isolamento del radio e lo studio della natura e dei composti di questo elemento straordinario.”

Oggi, anche Google le dedica il suo camaleontico doodle, nella ricorrenza che celebra il 144° anniversario della sua nascita, il 7 novembre del 1867, avvenuta a Varsavia, a quei tempi inglobata nel territorio della Russia. Un omaggio doveroso.

Ora, se pensavate di leggere un’altra minibiografia, come ne esistono a migliaia, dovrete ricredervi. Anzi in verità, per non scontentare nessuno in calce troverete qualche link, in italiano e in inglese. Questa volta vorrei invece proporre la traduzione in italiano del suo primo paper scientifico sulla radioattività e della nota seguente dei coniugi Curie presentata alla comunità scientifica dal fisico veterano Henri Becquerel, sulla nuova sostanza radioattiva contenuta nel minerale pechblenda.

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Un laboratorio virtuale di elettrochimica in open access!

The Sims 3 chemistry set!

La partecipazione attiva ai corsi pratici di laboratorio è un aspetto fondamentale per la formazione dei futuri chimici e per l’arricchimento dei loro curricula. Spesso si tratta di vere e proprie esperienze essenziali, altrimenti irripetibili, capaci di instillare concetti teorici con indubbia efficacia, apportando allo stesso tempo quella manualità che in un’aula o davanti ad un monitor è impossibile acquisire.

Purtroppo il privilegio di poter contare sulla disponibilità di un laboratorio attrezzato non è così scontato, e questo non capita solo nei paesi in via di sviluppo. Ricordo che qualche anno fa ospitai nel laboratorio in cui lavoro alcuni stagisti provenienti da un liceo scientifico sperimentale che si lamentavano per l’impossibilità di accedere ai locali adibiti a laboratorio durante l’intero anno scolastico a causa di ristrutturazioni interminabili e adeguamenti alle normative di sicurezza. Inutile aggiungere quanto la loro preparazione tecnica fosse inadeguata e colma delle più banali lacune, come il corretto uso di una pipetta, o la conduzione di una semplice titolazione iodometrica.

ResearchBlogging.orgIn questi ultimi anni alcune università hanno dedicato un certo impegno nello sviluppo di sistemi informatici per consentire la diffusione delle pratiche di laboratorio, garantendo un accesso a un maggior numero di studenti, ma anche a appassionati e curiosi. Tra questi possiamo trovare anche qualche interessante laboratorio di elettrochimica virtuale, un’occasione da non lasciarsi sfuggire!

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I scream; you scream; we all scream for … italian gelato!

Gelato Italiano, with two tower-shaped biscuits.

Image via Wikipedia

L’estate è alle porte e il desiderio di gustare un buon gelato diventa sempre più un’esigenza per contrastare il caldo e la secchezza delle fauci. Il gelato è un dessert diffuso in tutto il mondo e affonda le sue origini addirittura nel periodo medioevale, anche se non è difficile immaginare che anche prima qualcuno, miscelando neve, latte e frutta, abbia “inventato” un sistema efficace per conservare i prodotti freschi, scoprendo allo stesso tempo una dolce e succulenta alternativa al solito pasto.

Nella moltitudine di varianti note e meno note, sorbetti, granite, semifreddi, e chipiùnehapiùneaggiunga, si rende necessaria una precisazione: gelato e ice cream sono due prodotti molto diversi, una distinzione certificata dalla presenza delle rispettive voci nella wikipedia anglofona, ma soprattutto da uno studio condotto da alcuni ricercatori della Kansas State University e pubblicato sul Journal of Sensory Studies.

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Laser chimici e laser nella chimica

our chemical laser

Un laser chimico. Imagecredit: crossdaddy20

Appena mezzo secolo dopo la sua scoperta, il laser oggi è diventato uno strumento ubiquitario e grazie alla sua flessibilità multifunzionale, decodifica i codici a barre, legge e scrive CD, DVD e Blu Ray, consente nuove tecniche di chirurgia oculare e odontoiatrica, serve come puntatore per armi e anche nelle presentazioni in Powerpoint, con il laser si possono stampare documenti, tagliare il tessuto e modellare i metalli con precisione, fino alle ultime applicazioni in via di sperimentazione come l’innesco della fusione nucleare, per citare solo alcune tra le decine e decine di applicazioni. Tuttavia il sospetto è che questa sia solo la punta di un enorme iceberg, la cui base giace ancora pressoché inesplorata o poco nota, e le applicazioni del laser a cui siamo abituati nascondono impieghi del tutto inusuali e imprevisti, sempre più coinvolti nella ricerca scientifica e nei laboratori più avanzati, anche e soprattutto chimici.

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Percezioni artificiali

La percezione della realtà come tutti la conosciamo, passa attraverso i cinque sensi tradizionali, quelli che nella letteratura Buddista venivano identificati come le “cinque facoltà materiali” (pañcannaṃ indriyānaṃ avakanti) e apparivano in una rappresentazione allegorica già nel Katha Upanishad (approssimativamente nel VI secolo p.e.v.), con cinque cavalli alla testa di un  “carro” (il corpo) guidato dall’auriga, l’incarnazione iconica della mente.

Un’immagine atavica si forma immediatamente nei nostri pensieri, i cinque cavalli scalpitanti come formidabili interfacce multisensoriali per il mondo circostante, consentono al carro di procedere in sicurezza nel suo percorso grazie all’abile supervisione del conduttore, in parallelo nella nostra realtà compongono uno straordinario laboratorio fisico-chimico dotato di strumenti sofisticati, pronti all’uso e privi di libretto di istruzioni, ma che tutti riusciamo facilmente a sfruttare per archiviare le nostre esperienze percettive, migliorando giorno per giorno la sicurezza delle nostre azioni.

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Considerato che ogni tipo di percezione, al limite del riduzionismo, può essere sintetizzata come uno specifico fenomeno fisico o chimico che viene rilevato da un sensore dedicato e predisposto per riferire le misure effettuate, non appena il progresso scientifico ne ha concesso la possibilità, l’impegno nella ricerca per la risoluzione di infiniti dettagli tecnici per sviluppare la tecnologia sensoria non è mai venuto meno, alimentando i due settori principali in cui si applica: sostituti e surrogati dei sistemi percettivi di cui gli esseri viventi sono dotati.

Ed è così che schiere di scienziati e tecnici specializzati nelle più svariate discipline in fruttuose ed armoniose collaborazioni sono riusciti a replicare artificialmente tutti e cinque i sensi, e forse anche qualcuno in più, seguendo un percorso tanto arduo quanto decisamente … stimolante!

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Come costruire un microscopio elettronico

Un microscopio elettronico a scansione (SEM, scanning electron microscope) è uno strumento che consente di acquisire immagini da un campione tramite una scansione che sfrutta un raggio di elettroni ad alta energia organizzato secondo uno schema rasterizzato o reticolare come quello di una bitmap. Gli elettroni interagiscono con gli atomi che compongono la superficie del campione producendo segnali che contengono informazioni sulla sua topografia superficiale, ma anche sulla composizione e altre proprietà come la conduttività elettrica. A differenza di un microscopio ottico che è limitato dalle lunghezze d’onda delle radiazioni elettromagnetiche della luce (qualche centinaio di nanometri, in genere arrivano a 1000x), quello elettronico ha la possibilità di esplorare gli oggetti con ingrandimenti che partono da 10x fino a oltre 500.000x, con una risoluzione capace di distinguere un dettaglio di pochi nanometri (1nm = 10−9 m).

Ma è davvero possibile farselo da sé? Certo, non è alla portata di chiunque, ma Ben Krasnov è riuscito a costruirselo nel suo garage, con un po’ di impegno e tanta competenza, acquistando le parti online e spendendo un decimo (o un centesimo?) di quanto sarebbe costato acquistandolo sul mercato, anche se il suo è solo un hobby molto particolare e decisamente geek!

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Freeman Dyson e Steve Connor, epistole impertinenti sui cambiamenti climatici

Steve Connor e Freeman Dyson. Imagecredit: The Independent

Il professor Freeman Dyson, classe 1923, è un illustre fisico teorico e matematico statunitense di origine britannica, famoso per i suoi studi sulla teoria quantistica dei campi, sulla fisica dello stato solido, e molto altro ancora. I suoi amici lo descrivono come una persona timida e schiva, con una vena di contrappunto che i suoi amici trovano rinfrescante, ma che i suoi oppositori subiscono con esasperazione. Il suo amico, il neurologo e scrittore Oliver Sacks, ha detto che “la parola preferita da Freeman sul fare scienza ed essere creativi, è il termine ‘sovversivo‘. Egli non pensa solo che sia piuttosto importante non cadere nell’ortodossia, ma bisogna anche essere sovversivi, ed è proprio ciò che ha fatto per tutta la vita”. [1]

Su Steve Connor, ahimè, non sono riuscito a trovare molte informazioni, è attualmente science editor del noto tabloid britannico The Independent e qui potete trovare una panoramica del suo operato.  Ben Goldacre, editorialista della rubrica scientifica Bad Science, ospitata dal quotidiano The Guardian, scrive di lui sul suo blog, definendolo un uomo “arrabbiato” e associandolo addirittura agli omeopati quando si tratta di rabbia. Riconosco che questa presentazione possa risultare palesemente sbilanciata, tuttavia trovo più interessante riflettere sui contenuti dello scambio di e-mail in cui Steve Connor chiede allo scienziato ribelle perché egli sia uno dei pochi veri intellettuali ad essere così sprezzante sul diffuso consenso per il riscaldamento globale e la sua origine antropica.

Quanto segue è la traduzione, un po’ frettolosa in verità, dell’interessante botta e risposta tra i due, incentrata sullo scetticismo di Dyson nei confronti del Global Warming. [2]

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Come misurare la velocità della luce e quella del … buio!

Una sfera integratrice da 3 metri per la misura di illuminanti di grandi dimensioni.

E’ molto facile, disponendo degli strumenti adatti, misurare le numerose caratteristiche fisiche associate alla luce e alla sua interazione con i materiali, intensità, tonalità, saturazione, coordinate tricromatiche, temperatura di colore, riflessione, rifrazione, lunghezza d’onda e frequenza sono solo alcuni esempi delle principali proprietà che si stimano con apparecchiature specialistiche, spesso sofisticate e molto costose.
Questi parametri sono ampiamente utilizzati da chimici, astronomi, grafici, carrozzieri e formulatori di vernici, dai tecnici video e dai fotografi, e da tutti coloro che operano nei settori in cui la fotometria e la colorimetria giocano un ruolo rilevante.
Misurare la velocità della luce invece, nonostante gli ordini di grandezza che la contraddistinguono, potrebbe rivelarsi un gioco da ragazzi.  E’ sufficiente munirsi di un comune forno a microonde e di un righello! Almeno questo è ciò che si trova con una ricerca superficiale, ma la questione è un po’ più complessa di così…

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Fantaomeopatie: nanoparticelle, teletrasporto, DNA e memoria dell’acqua

Qualcuno già grida all’assedio, scandalizzati i puristi fedeli alla farmacopea tradizionale si affannano nella resistenza più serrata, inermi di fronte al recente imperversare di strani passaggi pubblicitari ed autorevoli prese di posizione tanto decantate dai media generalisti, accomunati nello strenuo tentativo di insidiarsi subliminalmente nel profondo dei subcoscienti più fragili. Una lotta impari che adesso come non mai deve fare i conti anche con la ricerca scientifica e il suo più agguerrito garante: il processo di peer review.

Ma perché un rimedio alternativo senza alcuna pretesa di plausibilità scientifica, riesce a riscuotere un tale successo, perché viene promosso, prescritto,  assunto con fede incondizionata, rimborsato come un normale farmaco classico, propagandato come una panacea supportata dall’ambiguo motto Similia similibus curantur?? Questo forse è il vero mistero…

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Fotosintesi alternative: la Vespa orientale e la xantopterina

Passatemi l’incipit fin troppo stereotipato di questi tempi, ma la recente e controversa rivelazione della NASA sulla biochimica all’arsenico di certi batteri,  impone una straordinaria cautela nel trattare argomenti che infrangono il limite delle conoscenze ormai date per assodate. Fin dalle scuole dell’obbligo ci insegnano che la fotosintesi è un processo biologico veicolato dalla luce del sole allo scopo di sostenere la vita vegetale. Sebbene alcuni dei passaggi della fotosintesi non siano ancora stati del tutto chiariti o esplorati, il quadro complessivo del sistema biochimico è ben noto fin dal 19° secolo.

ResearchBlogging.orgPossiamo pertanto accettare con sincera flessibilità la scoperta di una nuova variante della clorofilla in grado di utilizzare la parte infrarossa dello spettro elettromagnetico, possiamo stupirci con razionalità quando si presentano curiose simbiosi tra cianobatteri e specie animali che ne traggono qualche vantaggio, come i coralli, le spugne e le anemoni marine, perfino le salamandre possono vantare un caso!

Come si reagisce invece alla notizia che un tipo di vespide monta sul suo posteriore un paio di sfavillanti pannelli solari gialli in grado di assicurare il necessario supporto energetico durante le frenetiche e incessanti attività edili diurne?

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Un brindisi scientifico per l’anno internazionale della chimica!

Grape-Shot: 1915 English magazine illustration...

Image via Wikipedia

La notte di San Silvestro è appena sfumata, scandita da rimbombanti percussioni di natura pirotecnica ed enologica, in un susseguirsi di fulminee manifestazioni entropiche di materia ed energia tra formidabili pressioni gassose e ossidoriduzioni implacabili, in grado di far schizzare per metri un leggero agglomerato di sughero ormai libero dalla morsa della gabbia metallica che lo tratteneva saldamente sulla bottiglia, oppure capaci di proiettare nella profonda troposfera un artefatto alchemico portatore di un tripudio variegato con quelle fantastiche esplosioni di colori impazziti che però fanno impazzire anche gli ignari quattrozampe spaventati.

Non essendo un grande estimatore dei fuochi d’artificio, ho approfondito un aspetto forse meno effimero che di solito caratterizza le nostre feste, e che potrebbe rimanere valido e utile per tutto l’anno e anche oltre!

Quanta chimica si cela dietro quel bicchiere di prezioso liquido variabilmente paglierino e ospite immancabile sulle tavole dei festeggiamenti di tutto il mondo? Il Professor Klaus Roth dell’Institut für Chemie und Biochemie di Berlino ha esaminato a fondo la questione, e non riesco ad evitare di riportare alcune delle sue più interessanti osservazioni.

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La Chimica, la scienza centrale

Spesso ci si domanda quale sia la disciplina scientifica più importante, quella con il maggior numero di connessioni con le altre o la maggiore influenza nello sviluppo della ricerca e il maggior impatto nel progresso scientifico, e la “competizione” tra gli addetti ai lavori talvolta raggiunge livelli degni del più becero squadrismo calcistico, fortunatamente però non dobbiamo denunciare la presenza di riottosi ultrà!

Un tema che scalda gli animi, come per i fisici del blog di arXiv, che dedicano un pezzo alla dimostrazione appassionata dei motivi per i quali la vita è fisica, non chimica, sconfessando la visione ottusa di quei biologi che asseriscono l’esatto contrario. Secondo loro, i chimici rimarrebbero sbalorditi da quel fenomeno emergente che si chiama superconduttività, la quale potrebbe essere assimilata alla vita stessa, dato che questa proprietà della materia comprenderebbe la chimica e gli atomi!

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La tavola periodica degli elementi del futuro

Una rappresentazione tridimensionale dell’ipotetica isola di stabilità. Imagecredit: Wikimedia Commons

Attualmente possiamo dire di conoscere nel concreto sette periodi della tavola periodica degli elementi chimici, che si chiude, almeno per quanto è stato confermato fino ad ora, con l’Ununoctium, altrimenti chiamato Eka-radon, l’elemento di numero atomico 118. Questo è l’elemento più pesante conosciuto, e ha alcune interessanti peculiarità: la sua collocazione si pone subito sotto il Radon, e come si prevede, dovrebbe avere le caratteristiche elettive dei gas nobili, quindi stato gassoso, elevata stabilità chimica e condizione monoatomica (non forma molecole come O2, H2). Inoltre è il secondo elemento gassoso radioattivo (insieme al radon) e il primo elemento gassoso semiconduttore.

Se ulteriori elementi con numero atomico superiore a questo verranno scoperti in futuro, essi saranno inseriti in ulteriori periodi, disposti (come per i periodi esistenti) in maniera tale da rispettare periodicamente le tendenze ricorrenti nelle proprietà degli elementi in questione.

Senza entrare in ingegneristici tecnicismi, si pensa che questa scoperta sia una porta per l’accesso ad altri elementi successivi con caratteristiche di stabilità particolari, un insieme nel quale si collocano ad esempio l’elio, l’ossigeno, il calcio, lo stagno ed il piombo: tutti hanno in comune un guscio completo di protoni (gli amici e gli addetti ai lavori lo chiamano numero magico!).

Questi elementi “seriali”, fanno presagire che le caratteristiche di quelli successivi, siano tali da presupporre che esista una fascia inesplorata della tavola periodica, definita “isola della stabilità” dove anche elementi con elevati numeri atomici siano più stabili e, quindi in grado di esistere per tempi più lunghi, elementi ancora sconosciuti sul noatro pianeta e che potrebbero aprire nuovi e impensabili sviluppi sia nelle scienze dei materiali che nelle loro applicazioni più tecnologiche.

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