L’odore della luce

Una capsula di Petri contenente larve di drosophila, con una sezione illuminata da luce blu. Le larve normali evitano le zone esposte alla luce, mentre risulta avere un odore gradevole per le larve OGM che tendono a spostarsi verso quel settore. Fotocredit: PhysOrg

La luce blu potrebbe avere un irresistibile profumo di … banana! Per sentirlo tuttavia, dovresti essere un moscerino della frutta geneticamente modificato.

Alcuni ricercatori tedeschi sono riusciti a modificare il genoma del drosophila in modo che lo stimolo  visivo generato dalla luce blu simuli nella loro percezione uno stimolo olfattivo gradevole, come può essere quello della frutta in decomposizione.

Il team di scienziati di Bochum e Göttingen, sotto la guida del Prof. Klemens Störtkuhl, sperano di svelare gli ultimi segreti delle reti neurali tramite lo studio e la manipolazione di marker genetici e delle cellule dedicate a ricevimento degli stimoli esterni. L’esperimento condotto dimostra che è possibile attivare singolarmente ognuno dei 28 neuroni olfattivi di cui sono dotate le larve degli insetti, inducendo la produzione di una certa proteina qualora un raggio di luce a 480 nm, colpisca i loro recettori visivi. I neuroni attivati quindi inviano un segnale elettrico che simula la percezione di un particolare odore. In poche parole, le larve OGM risultano attratte dalla luce, mentre quelle normali tendono ad evitarla.

Quello che fa riflettere in questo studio, è quanto possano essere strettamente collegate fra loro le diverse percezioni sensoriali, nella loro complessità, anche se con relativa facilità è sufficiente scambiare una singola proteina per sconvolgere le  funzioni primitive.

Chissà se nelle persone affette da sinestesia un certo neurone impazzito ha scambiato le percezioni degli stimoli sensoriali, e se un giorno riusciremo a controllare queste contaminazioni nei nostri sensi?

Fonte: PhisOrg

L’antiruggine dai mozziconi

Sul nostro pianeta ogni anno si bruciano circa 5500 miliardi di sigarette, generando una notevole quantità di rifiuti contenenti sostanza molto tossiche per l’ambiente e i suoi abitanti.

Una ricerca recente, condotta da Jun Zhao e il suo team della School of Energy and Power Engineering, Xi’an Jiaotong University, suggerisce il riutilizzo di questo tipo di rifiuti come materia prima per la produzione di una speciale vernice anti-corrosione altamente protettiva. Gli studi mostrano che l’estratto acquoso ottenuto dalle cicche, applicato ad un certo tipo di acciaio (N80), largamente impiegato per la costruzione di oleodotti, lo protegge dalla corrosione ossidativa anche in condizioni estreme, i test sono stati condotti a caldo (90° C)  e in presenza di acido cloridrico, una delle sostanze più corrosive conosciute, con efficienze di inibizione che arrivano a superare il 90%.

Tra le sostanze contenute nell’estratto spicca ovviamente la nicotina, ma nel liquido sono presenti almeno altre otto molecole diverse, eterociclici come la cotinina, la rutina e altri nicotinoidi.

Continuo a non capire i motivi per i quali queste ricerche finiscono nel posacenere …

Pubblicazione su ACS (Industrial & Engineering Chemistry Research)

Ecco l’automobile vegetale!

Sarebbe una meravigliosa rivoluzione che cambierebbe per sempre tutte le logiche relative alle lotte contro l’inquinamento e le supremazie delle lobby energetiche. Per questo forse non vedremo mai realizzarsi il sogno utopistico di qualsiasi ambientalista: un’automobile che trae l’energia consumando anidride carbonica e tramite una fotosintesi tecnologica emette ossigeno come una vera pianta.

Si chiama YeZ, una concept car biposto che è stata presentata recentemente allo Shanghai Expo 2010 dalla Shanghai Automotive Industry Corporation (SAIC), in collaborazione con General Motors e Volkswagen.

La YeZ (si pronuncia yea-zi e significa “foglia” in mandarino), ricava la sua energia grazie a pannelli solari di ultima generazione che ricoprono il tettuccio, oltre a convertire i flussi di aria in movimento tramite mini-turbine eoliche istallate sulle ruote. A queste due fonti inoltre si aggiunge l’adsorbimento e la conversione della CO2 atmosferica che viene processata attraverso il materiale che compone la sua carrozzeria, avente una struttura molecolare organometallica.

Attraverso il mix di tecnologie di cui è dotata, l’energia prodotta viene accumulata in speciali batterie a ioni di litio, e dosata in base alle necessità. Secondo il costruttore, la YeZ sarà operativa anche con il cielo coperto e vanterà l’ambito traguardo di rendere obsoleta l’attuale classificazione delle automobili in base alle emissioni, posizionandosi nella parte negativa della scala, ovvero inferiore allo zero!

Purtroppo, a quanto si dice, questo sogno impiegherà almeno 20 anni prima di realizzarsi.

Fonte: cnet.news

Come ti taggo il fumatore pentito

Hai fumato negli ultimi 3 giorni? No? Beh adesso si può stabilire con certezza se è davvero così. Un team di ricercatori spagnoli ha appurato che nel respiro dei non fumatori è assente una certa molecola, il 2-5 dimetilfurano, un composto eterociclico noto per il suo  impiego come biocombustibile in alternativa al bioetanolo. La presenza di questo composto,  era già da tempo associata all’abitudine dei viziosi, essendo uno dei componenti del fumo di sigaretta, ma fino ad ora questo poteva essere determinato solo con un’analisi del sangue.

2,5-dimetil furano

Il team del Chemistry Department of the University of Girona, Spagna, ha effettuato un test su 204 volontari, di cui 100 fumatori, ricercando nel loro respiro la presenza delle 5 molecole più rappresentative come bio-indicatori del tabagismo: benzene, toluene, o- e p-xileni e il dimetilfurano, dimostrando come quest’ultimo sia l’unico che discrimini con certezza se un individuo ha fumato nelle ultime 72 ore. Sarà sufficiente un semplice test, simile a quello dell’etilometro, che certificherà l’onestà del fumatore pentito,  per mezzo di una micro-trappola che adsorbe i componenti volatili associati al fumo nel respiro e rilevare o meno la presenza della molecola tracciante.

Speriamo che  non se ne accorgano anche gli assicuratori vitae…

Fonte: physorg.com

Skynet? One step closer! (La via dei terminator…)

Difficile prevedere se le nuove tecnologie che bollono in pentola verranno usate a fin di bene, in un timido virgulto di ravvedimento del genere umano, ormai agonizzante nella propria estasi da globalizzazione economico-militare, oppure, evitando accuratamente di smentire se stessa, la nostra civiltà sia in procinto di costruire le pareti del proprio baratro.

Darei comunque il beneficio del dubbio, evitando di fare (facili) processi alle intenzioni, anche se il programma di cui vi sto per accennare è una recente creatura della DARPA.

Diversi team universitari statunitensi, distaccati nelle facoltà di Harvard, Cornell e MIT, sono occupati su diversi fronti per la creazione della cosiddetta “materia programmabile“, un materiale composto da un certo numero di unità individuali, con la capacità di auto-assemblarsi a comando per formare l’oggetto tridimensionale desiderato. Ad esempio, uno dei primi prototipi, passa dalla forma di una chiave inglese, si “decompone” e si ricompone per riprodurre un martello in pochi istanti.

L’accostamento con i monomeri delle macromolecole biologiche non è esagerato, anche se la ricerca è ai suoi primi passi. Secondo il dottor Mitchell R. Zakin, i materiali, i sistemi di comunicazione e i computer, saranno sempre meno distinguibili. Infatti le ricerche spaziano tra diverse discipline, come l’informatica, robotica, biologia, chimica, fisica e sono stati coinvolti perfino alcuni artisti! I team coinvolti sono così orientati:

  • un gruppo si occupa dello sviluppo di oggetti bidimensionali che si “ripiegano” in forme 3D, una specie di origami auto-pieganti grazie agli speciali attuatori che li animano.
  • Ad Harvard, invece è allo studio un programma informatico per la manipolazione di molecole di DNA, che guida le interazioni dei legami nelle lunghe catene elicoidali, qualcosa di ancora inesplorato.
  • Un altra squadra ha scoperto un sistema per trasformare quelle stesse catene di codice genetico in una specie di “velcro molecolare”, in grado di ricoprire e mantenere due oggetti in una specie di intimo contatto per assemblarne uno più complesso, ad esempio un utensile. Dopo l’uso, si può tranquillamente ordinare di smontarsi da solo (e magari di riporsi nella sua custodia?).
  • L’ultimo gruppo approccia il metodo con cui le proteine compongono le macromolecole negli organismi viventi per riprodurre le stesse proprietà macroscopicamente, tramite un linguaggio di programmazione che permette ad ogni componente del materiale da elaborare le singole informazioni.

A metà strada fra un Terminator T-1000 e un Transformer, le nuove frontiere dei materiali programmabili e a memoria di forma prospettano incredibili applicazioni: mutaforma intelligenti, flessibili, indistruttibili, inossidabili, adattabili, mimetici, immuni, infaticabili. La nostra perfetta nemesi, insomma, oppure un altro miracolo della scienza? Fate spazio ai posteri…

Fonti:

The Daily Galaxy

Programma DARPA

18.000 anni fa un enorme “rutto” di CO2 terminò l’era glaciale

Alcuni ricercatori hanno scoperto la possibile fonte di un enorme bolla di anidride carbonica che circa 18.000 anni fa contribuì a terminare l’era glaciale.

I loro risultati forniscono la prima prova concreta che la CO2 intrappolata nelle profondità oceaniche aveva creato un efficace serbatoio pronto a rilasciare il gas in caso di bisogno. Come è noto, la solubilità dell’anidride carbonica è inversamente proporzionale alla temperatura, cioè al crescere di quest’ultima corrisponde una diminuzione della CO2 disciolta che si libera nell’atmosfera.

Ora non scendo nei dettagli inerenti il percorso deduttivo che dall’analisi del carbonio-14 dei foraminiferi sepolti nei fondali sedimentari oceanici raccolti tra l’Antartide ed il Sud Africa ha portato a stabilire un evidenza del gigantesco “burp”, ma ci tenevo a segnalare che questa ricerca porta nuova linfa alle proposte di iniettare l’anidride carbonica direttamente nelle profondità marine come rimedio al global warming incipiente.

Qualcosa mi dice che devo correre  a rileggere le dinamiche di causa ed effetto…

Fonte: Phisorg.com

L’uomo cibernetico può infettarsi con un troyan?

Mark Gasson è ufficialmente il primo uomo che è stato infettato da un virus informatico, creato appositamente per dimostrare l’intrinseca pericolosità dei dispositivi cibernetici che in un futuro molto prossimo, potrebbero essere installati in un corpo umano per correggere disfunzioni o potenziare le nostre capacità di interazione con la tecnologia.

Il ricercatore britannico, già venuto alla ribalta delle cronache per essere stato il primo a impiantarsi un chip RFID sotto pelle, un dispositivo per l’identificazione a radiofrequenza di un tipo più sofisticato rispetto ai noti microchip dei nostri amici a quattrozampe, ha volontariamente infettato con un virus il codice del proprio chip.

Risultato? Ogni comunicazione remota con i dispositivi esterni ha prodotto la diffusione del malware, dimostrando che un tale contagio rappresenta una minaccia reale.

Vedo già tutti i produttori di antivirus leccarsi i baffi!

Fonte: BBC,

Stephen Hawking e l’alieno quantico

Stephen Hawking insieme a Data, Einstein e Newton sul set di Star Trek

Stephen Hawking, il famoso astrofisico britannico,  ha recentemente esternato la sua preoccupazione per il pericolo che il nostro incontro con esseri alieni potrebbe rappresentare.  A suo avviso, è probabile che si verifichi  una replica fedele di ciò che accadde alla fine del XV secolo dopo che Colombo sbarcò sulle terre del Nuovo Mondo, le Americhe.

Il dottor Steven Hawking dall’alto della sua reputazione, e non per altri motivi come qualcuno ha chiosato, può permettersi di avanzare qualunque ipotesi e teoria, e devo ammettere che ammiro il suo coraggio per riuscire a trattare argomenti tanto popolari, quanto controversi e insidiosi.

Il suo ultimo prodotto televisivo, Into The Universe with Stephen Hawking, il documentario da lui stesso scritto e interpretato per Discovery Channel, è giunto al suo terzo episodio. Il primo, quello che ha suscitato più clamore, era un monito sugli incontri con extraterrestri, in cui noi giocheremo la parte degli indigeni inermi da sfruttare e dominare con facilità.

Il secondo episodio, dal titolo Time Travel: “Is Time Travel Possible?”, disquisisce con chiarezza cristallina di come il viaggio nel tempo sia effettivamente praticabile, almeno a livello teorico. Sarebbe infatti sufficiente viaggiare a velocità prossime a quella della luce per alterare la nostra linea temporale, e trovarci proiettati nel futuro una volta tornati  a casa. L’unico inconveniente è che sarà possibile viaggiare in una sola direzione, i viaggi indietro nel tempo non sono contemplati, purtroppo per il futuro esiste solo un biglietto di sola andata.

Tornando alle ipotetiche presenze ostili, Randy D. Allen, ricercatore del Dipartimento di Biochimica e Biologia Molecolare, Oklahoma State University, si domanda invece se la vita extraterrestre sia sempre basata sulla biochimica, come noi la conosciamo, oppure è possibile che esistano principi completamente diversi che la regolino, chiamando in causa anche la meccanica quantistica.

Immaginate forme di vita che possano manipolare le particelle subatomiche, come noi interveniamo sui componenti biochimici delle nostre cellule. Gli esseri umani sono esistiti come specie per meno di un milione di anni e noi siamo, per quanto sappiamo, l’unica specie sulla Terra che ha anche una vaga idea della principali nozioni di fisica. Abbiamo appena scoperto l’atomo e imparato presto a diffondere la sua forza nel secolo scorso. La nostra comprensione della meccanica quantistica è rudimentale, nella migliore delle ipotesi, ma siamo sul punto di sviluppo di computer quantistici che promettono una potenza di calcolo virtualmente illimitata. E’ possibile che in miliardi di anni dal Big Bang, altri organismi si siano evoluti in un dato luogo e periodo temporale, e che siano già in grado di padroneggiare la meccanica quantistica.

La loro curiosità insaziabile sull’universo (o, come noi, il loro desiderio inestinguibile di sfruttarlo), li ha portati a sviluppare computer quantistici di potenze inconcepibili. Si resero conto che con questi computer, tutta la loro esistenza poteva essere “informatizzata”, tutte le memorie e le esperienze di vita, tutte le emozioni e le motivazioni, tutto potrebbe essere trasferito in un  “cervello quantico collettivo”. In questo modo si varcherebbe un accesso evolutivo in cui  la loro “specie”, anche se biologicamente estinta, potrebbe diventare effettivamente immortale. Si potrebbe così fare a meno di un metabolismo inefficiente che richiede enormi input di energia, gli esseri risultanti non sarebbero soggetti a usura e invecchiamento, ma anche nessuna riproduzione, né morte, e nemmeno più tasse, ironizza il professore.

Non so dove ho già sentito questa storia …

Di fatto si avrebbe a che fare con una coscienza collettiva parallela con possibilità illimitate. Forse, attraverso la supersimmetria o l’entanglement, potranno “vedere” o “sentire” l’intero universo. Forse, avranno acquisito la capacità di manipolare le particelle elementari e saranno in grado di controllare la propria evoluzione e il loro stesso destino. Praticamente, dal nostro punto di vista, dei.

La possibilità di evolvere in una coscienza quantica, naturalmente, dipende da numerose variabili, e richiede che la  civiltà in questione non venga sterminata dal primo impatto con un asteroide, o dagli influssi di una supernova vicina, o da gigantesche eruzioni vulcaniche, o ancora che non venga decimata da una guerra globale per la scarsità di risorse, esacerbata dai cambiamenti climatici.

Infine vi è la possibilità che si potrebbe semplicemente perdere l’impulso scientifico attraverso la perdita di sostegno politico alla ricerca di base e lasciare che la nostra occasione per l’immortalità svanisca come neve al sole, ma non è il nostro caso. Per fortuna.

Fonti:

Journal of Cosmology

DailyGalaxy

AAA Antimateria cercasi!

Il Big Bang dovrebbe aver creato materia e antimateria in quantità uguali, quindi perché l’universo non scompare in un esplosione di autoannichilazione? E ancora, dov’è finita tutta l’antimateria ipotizzata?

Un recente articolo del New York Times esamina i risultati dell’ultimo report del progetto DZero presso il Dipartimento di Energia del Fermi National Accelerator Laboratory il quale propone una soluzione, ahimé, che di rivoluzionario ha ben poco.

Era improbabile che un caso del genere non avrebbe attirato l’attenzione di un gran numero di fisici teorici. Nel corso degli anni, è diventato chiaro che ci sono davvero solo tre possibili soluzioni a questo problema:

  1. Se partiamo dal presupposto che il Big Bang non abbia prodotto antimateria, potremo assumere che non è mai stata presente in maniera significativa, quindi l’universo potrebbe aver funzionato benissimo anche senza.
  2. Se ipotizziamo che il Big Bang abbia prodotto materia e antimateria in proporzioni uguali, e che queste quantità siano rimaste tali, può darsi semplicemente che viviamo in un immensa regione composta solo dalla materia e che non esistano regioni di antimateria nei “dintorni”, sufficientemente vicine da essere osservate.
  3. Se infine assumiamo che la materia e l’antimateria dopo il Big Bang sia stata prodotta nelle stesse proporzioni, e che di quest’ultima non ne sia rimasta più, un qualsiasi evento in passato potrebbe aver consumato tutta o quasi l’antimateria, e attualmente nessun modello lo potrà mai spiegare. Ma non è ancora detta l’ultima parola.

Sembrerebbe che l’ipotesi più accreditata dai fisici moderni, sia la terza. La prima non sarebbe altro che un artificio per aggirare l’ostacolo, mentre la seconda apparirebbe più probabile, anche se trovare la spiegazione del fenomeno non è proprio una passeggiata.

Tuttavia, l’esperimento che ha riportato alla ribalta la questione, in sintesi ha dimostrato che nelle collisioni ad alta energia dei mesoni-B, si producono coppie di muoni e antimuoni, con leggera prevalenza dei primi (~1%) rispetto alle particelle di antimateria.

In parole povere, questo orienterebbe a ipotizzare che durante il Big Bang, le controparti barioniche (materia e antimateria) prodotte, dopo essere entrate in contatto si siano annichilite l’un l’altra, lasciando come residuo l’un per cento delle particelle originali, composte solo da materia, spiegando quindi l’assenza delle altre. In termini tecnici questo fenomeno viene chiamato Violazione CP, un’anomalia che provoca uno sbilanciamento tra i due tipi di particelle.

Un ipotesi già prospettata sin dagli anni ’90 dal giovane fisico Eric Sather, che curiosamente attendeva conferme proprio dai futuri esperimenti ad alta energia. Peccato però che nel 2010, i risultati necessitino ancora di ulteriori verifiche e approfondimenti, dato che la probabilità che queste misure siano consistenti con altri effetti noti è inferiore allo 0,1%, e le incertezze associate appaiono ancora troppo elevate.

Perdonate l’impertinenza da chimico ignorante, ma da quello che ho capito (non molto, a dire il vero), non riesco proprio a vedere tutto questo gran progresso.

Ulteriori letture:

Il periodo delle tavole periodiche (2° parte)

Come promesso, dopo il precedente post che passava in rassegna alcune delle infinite incarnazioni delle tavole periodiche degli elementi “canoniche”, passiamo a quelle che con la chimica che noi conosciamo, hanno ben poco a che fare, non per questo però risultano meno degne di attenzione, almeno per il contesto in cui sono collocate.

L'unobtainium

Nella fantascienza, nonostante il largo impiego di elementi improbabili, come ad esempio l’unobtainium, recentemente (ri-)portato alla ribalta dal colossal in 3D di James Cameron, Avatar. Un gioco di parole che sottintende l’inottenibilità della sostanza, un termine studiato per mimetizzarsi perfettamente fra gli ultimi elementi della vera tavola periodica che iniziano per un-, e terminano con -ium, citato fin dagli anni ’50, dove veniva usato in ingegneria aerospaziale per indicare un materiale insolito o molto costoso. Nella narrativa di fantascienza è un tormentone, nato probabilmente come sinonimo del fantastico scrith semi-trasparente utilizzato nel romanzo premio Hugo conosciuto in Italia con il titolo I burattinai (Ringworld) di Larry Niven, dove descrive la sostanza che compone la struttura artificiale di dimensioni spropositate a forma di anello che circonda una stella del celebre Mondo Anello. Nel 2003 viene nuovamente sfruttato nel film catastrofico The Core e nel gioco massively multiplayer online Skyrates del 2008.

Per un elenco completo, o quasi, di tutti gli elementi, materiali, isotopi e particelle atomiche che appartengono alla fantascienza, il miglior link possibile è quello che porta alla relativa pagina in inglese di Wikipedia.

La tavola periodica di Star Trek

In Star Trek viene mostrata una tavola periodica su un display presente in un’aula a bordo della USS Enterprise-D, nel settimo episodio della sesta stagione di TNG, “Giovani eroi“. La tavola in questione è ricca di elementi immaginari, numerosi errori e nomi burleschi, con palesi riferimenti ad autori, e a riferimenti completamente estranei alla saga, come la kriptonite e il jonesium, quest’ultimo probabilmente ispirato a Indiana Jones.

Fra le tavole periodiche in qualche modo correlate al genere sci-fi, assolutamente da non perdere sono i racconti della tavola periodica di  Michael Swanwick, di cui alcuni esemplari si possono leggere (in inglese) sul suo blog personale, mentre una copia completa di tutti e 118 brevi racconti si può ancora trovare qui.  Nulla a che vedere, tuttavia con uno dei più bei romanzi che mi sento di consigliare, ovvero il sistema periodico di Primo Levi, un antologia di ventuno racconti brevi, ciascuno caratterizzato dal nome di un elemento in qualche modo correlato. Una lettura stimolante che rende poetica perfino la chimica.

Infine per chiudere le tavole della fantascienza, segnalo i link per la tavola periodica degli elementi immaginari di Russelwalks, la tavola periodica dei film e serie tv di fantascienza e l’imperdibile tavola dei supereroi!

Dal semi-serio al faceto, ecco una esilarante tavola a fumetti, con gli elementi nel pieno delle loro attività, di cui ne propongo una porzione.

Funny toons (clic sull'immagine per la versione integrale)

In alternativa è sempre possibile imitare le inconsuete e bizzarre abitudini di un nerd degno di The Big Bang Theory stendendo intorno alla vostra doccia un telo impietoso, per soli 32 $, un vero affarone, se non potete proprio farne a meno!

Tra le più strane, in ambito culinario, mi sento ancora di segnalare la tavola dei vegetali, una per la frutta,  e quella dei dessert, tanto per gustare. Ah, non dimentichiamoci i cocktail, per un’allegra serata in compagnia.

Diciamo che c’è una tavola periodica per tutto quanto può passare per la testa del creativo di turno, animali, personaggi immaginari e dei cartoni animati, serie tv e videogames non ne sono immuni, ma quando arriva lui, dato che riconosce solo l’elemento sorpresa, la distrugge accartocciandola senza pietà.

Bene, se avete resistito fino qui, vi propongo ancora due ottimi link, che potrebbero tornare utili: una tavola periodica ragionata dei migliori blogger scientifici e un’ultima tavola periodica con la particolarità di visualizzare un breve filmato relativo all’elemento in questione, periodicvideos.

La NASA paga il riscatto, gli alieni restituiscono il Voyager 2

Un immagine artistica della sonda. Image credit: NASA/JPL-Caltech

Vabbè il titolo è un modo per attirare più attenzione di tutti quelli che stanno avanzando incredibili ipotesi e quelli che invece si sono armati del cifrario di Vernam per decifrare le incomprensibili comunicazioni che il Voyager 2 trasmetteva da qualche giorno. Si è trattato solo di un “flip di un bit”, in pratica uno zero è diventato uno a causa di un semplice guasto tecnico nei computer a bordo della sonda e l’invio dei dati sulla Terra è risultato un po’ sconnesso.

Il fatto è che questa notizia ha fatto sognare milioni di internauti con il mistero che è stato appositamente costruito sopra, mentre l’aggiornamento della NASA, datato 20 maggio 2010 alle 18.00, è stato praticamente ignorato.

Il nuovo comunicato recita:

I tecnici sono riusciti a correggere la memoria della sonda NASA Voyager 2 reinizializzando il bit capovolto. L’ordine del reset è stato trasmesso ieri, mer. 19 maggio, al veicolo spaziale,  e l’elaborazione dei dati ricevuti oggi ha confermano che il reset ha avuto successo. La squadra del Voyager continuerà a monitorare i dati in ingresso, e se il bit rimane stabile, verranno impartiti i comandi per passare alla modalità di osservazione scientifica sabato, 22 maggio. Il ricevimento dei dati rilevati quindi riprenderà il 23 maggio.

Tutto bene, la missione continua e il piccolo problema tecnico è stato brillantemente risolto con la dovuta perizia. Sarà per un’altra volta?

Ah, sembra che anche le sonde marziane Opportunity e soprattutto  Spirit, nonostante tutto, perseverino nella loro missione, in quella landa desolata e affascinante conosciuta come il pianeta rosso.

In bocca al marziano!

Fonte: NASA

Il periodo delle tavole periodiche

La tavola periodica degli elementi, come  ogni ragazzino delle elementari ben sa, è uno schema che rappresenta i diversi tipi di atomi attualmente conosciuti, ordinata in base alle proprietà specifiche di ciascun elemento. Come dire, ogni specie atomica risiede in una certa posizione per un motivo preciso. Come molte altre convenzioni scientifiche di una certa portata, il percorso che ha portato la tavola periodica così come la conosciamo oggi, è stato molto lungo e pieno di controversie.  In ultima analisi, la paternità oggi viene attribuita al chimico russo Dimitrij Mendeleev che la perfezionò nel 1869.

Ma veniamo al vero scopo del post, una rassegna delle tavole in giro per il web, fra le più complete, mirate e curiose che possiate mai trovare. Chiaramente questi saranno link che non possono mancare fra i segnalibri di un chimico che si rispetti,  e di alcuni forse non immaginavate nemmeno l’esistenza…

Tavola periodica dinamica

In primis, la tavola per eccellenza, in formato dinamico e interattivo, comprende un cursore per scorrere le temperature che visualizza istantaneamente lo stato fisico di tutti gli elementi, è poliglotta e cliccando su ciascuna cella si ottengono tutte le informazioni relative in maniera esaustiva e affidabile. Visualizzazione dei trend del raggio atomico e macchina del tempo (per l’anno della scoperta) sono inclusi, insieme a orbitali, isotopi, origine dei simboli e integrazione con Wikipedia.

La tavola "triangolare"

La seguente, di forma pseudo-triangolare, invece rappresenta un ordinamento degli elementi più inusuale, a dir poco, che segue le teorie della chimica quantistica, possiede una struttura aperta e condensata, in cui ogni periodo rappresenta il guscio elettronico più esterno occupato ed il suo numero quantico. Inutile dire che è per specialisti.

La tavola "fotografica"

Molto simpatica e d’impatto quella “fotografica” di Theodore Gray, con numerose immagini correlate a ciascun elemento, quando possibile, e moltissime informazioni preziose. Disponibile solo in  lingua inglese.

La "circolare"

Fra le alternative, se ne trovano a volontà, quella circolare è molto suggestiva, come anche quelle presenti nella relativa voce di Wikipedia.en: Alternative periodic tables, che a sua volta contiene numerosi altri link ad altre esotiche rappresentazioni degli elementi naturali e non, fra i quali spicca il database di tutte (o quasi) le tavole concepite finora.

Tutti pazzi per la tavola periodica allora, nelle prossime clip potrete ammirare alcuni improbabili oggetti che raffigurano in un modo o nell’altro la familiare tabella, una tazza tematica, una carrozzeria da urlo e una artigianale composta esclusivamente da invitanti dolcetti farciti! Yummy! 🙂

Concludo questa rassegna, per rimandare ad una successiva puntata con le tavole periodiche più incredibili del web, con una tabella didattica ideale per i vostri bambini che sono incuriositi dalle diversità della materia!

Tavola periodica didattica

Continua …

Occhio all’Omagimaakos!

Questa è una di quelle storie che probabilmente non troveranno mai conferme, ma sicuramente verrà dedicato ampio spazio sulle varie testate, giusto per la curiosità che indubbiamente suscita la scoperta di una strana nuova creatura, mai vista prima, quasi mitologica e con caratteristiche morfologiche affini a quelle di un ornitorinco in quanto a biodiversità intrinseche acclamate.

La presunta "chimera"

Ma veniamo alla storia: due infermiere e un cane si recano per un escursione nei pressi di un torrente situato nei dintorni di Ontario in Canada, dove sorge una piccola comunità indipendente di nativi congregatisi nella cosiddetta First Nation chiamata Kitchenuhmaykoosib Inninuwug (Big Trout Lake First Nation per gli amici forestieri). Il cane improvvisamente scorge qualcosa affiorare dall’acqua e istintivamente lo trascina a riva. A questo punto, le due escursioniste apprendono che si tratta della carcassa di un animale, per loro assolutamente ignoto e decidono di fare qualche foto, per poi tornarsene tranquillamente in paese e raccontare lo strano episodio. In un batter d’occhio le foto vengono pubblicate nel sito web della comunità, diffondendosi a macchia d’olio dopo che il Toronto Sun ed il Toronto Star, due testate locali, inoltrano la ghiotta notizia.

Ecco che subito spuntano le prime dichiarazioni, del tipo: “Io non l’ho mai visto, ma alcuni anziani narravano di indicibili creature che si aggiravano nei dintorni, sostenendo che il loro avvistamento era un chiaro segnale di oscuri presagi“. Chiaramente, una volta tornati sul posto la creatura lunga poco più di 30 cm e adagiata sulla riva pietrosa, era magicamente scomparsa, e subito si pensa a qualche strana copertura governativa, qualcuno grida al Chupacabra e all’Ogopogo, altri inveiscono su improbabili esperimenti di bioingegneria, o un semplice incrocio tra una lontra e un castoro, uno scherzo della natura, insomma e i commenti ironici si sprecano. Sempre ammettendo la buona fede delle fotografe originali.

Cryptomundo, uno dei siti che si occupa autorevolmente di criptozoologia, se possono ritenersi autorevoli ricerche in questo campo, analizza le fattezze della creatura con i candidati più probabili, individuando alcune specie locali, ma nulla di scientificamente accertabile. Quello che lascia perplessi consiste nel’evidente assenza di pelliccia del muso, frutto forse di una decomposizione incipiente o dell’intervento di animaletti predatori che hanno iniziato a divorarlo, forse un opossum o qualche altra specie di Mustelide, lontre o visoni.

Sarà per la prossima volta.

Fonti linkate nell’articolo

Fotosintesi ittica

Quanti OGM nell'acquario!

Vedo già alcuni volti inorridire per questa notizia, è vero, ormai l’incredulità è rimasta dietro le nostre spalle, ben poco riesce più a stupire, ma per indignarsi si è sempre disponibili.

Durante una recente conferenza a Boston, inerente argomenti di sintesi biologiche, l’intervento di una biologa scuote la platea con la rivelazione di un nuovo piano di ricerche, in verità già in corso.

Pamela Silver, Professoressa del Dipartimento di Biologia presso l’Harvard Medical School, i cui studi si concentrano sui cianobatteri e sintesi biochimiche, rivela la bizzarra associazione fra le suddette alghe azzurre e un pesce, coniugati forse nel tentativo di accrescere le potenzialità di assimilazione energetica del vertebrato, o chi per esso…

Il pesce zebra (o Danio rerio)

All’atto pratico, un embrione di pesce zebra è stato impiantato con alcune cellule di cyanobacteria fluorescenti. La trasparenza di questi pesci li rende candidati ideali per questo tipo di ricerche, nonostante l’ovvio disappunto delle cavie utilizzate, ma tantè.

Sorprendendo gli stessi ricercatori, la creatura sopravvive e si sviluppa, come anche i batteri fluorescenti, o ciò che ne rimane. Pam ricorda che quando utilizzarono l’E. coli, i pesci esplosero, evidentemente la tolleranza ai cianobatteri è più elevata.

Al momento, il sistema biologico non possiede una resa energetica sufficiente per il sostentamento autonomo del pesce, ma i ricercatori stanno sperimentando diversi approcci di ingegneria genetica per aumentarne l’efficienza.

Il video che segue mostra un embrione del pesce zebra (in verde) inoculato con i cianobatteri fluorescenti fotosintetici (in rosso).

La possibilità che un giorno anche gli organismi eucarioti, con differenziazione cellulare, eterotrofi e mobili durante almeno uno stadio della loro vita, fra cui si annovera anche l’uomo, possano godere di peculiarità fotosintetiche, fa riflettere sul fatto che potremo diventare artefici della nostra stessa evoluzione.
Più inquietante o affascinante?

Nuovo record per il teletrasporto quantistico

Poco distante dalla Grande Muraglia, Charlie e Alice si apprestavano a terminare gli ultimi controlli delle strumentazioni nel loro laboratorio di Badaling, un distretto appartenente alla sconfinata municipalità che è la città di Pechino. Bob attendeva nel sito di Huailai una provincia confinante, distante 16 km in linea d’aria dal loro laboratorio. Anche lui, in costante contatto con i suoi colleghi teneva d’occhio i monitor e l’apparecchiatura destinata alla ricezione, in un frenetico affinamento delle calibrazioni, nel tentativo di avvicinarsi alla perfezione. Tutto doveva filare come previsto, anche se sapeva che in fondo qualche fotone capriccioso sarebbe sfuggito ugualmente alla morsa dell’entanglement, l’indeterminazione di Heisenberg non perdona nessuno, figuriamoci una piccola percentuale di impercettibili particelle senza né massa né arte.

Non per questo, Bob sapeva di essere ad una svolta, l’ultima volta che altri scienziati avevano provato a teletrasportare un oggetto, si trattava solo di qualche centinaio di metri, e non sarebbero mai riusciti a farlo senza l’ausilio delle fibre ottiche.

Il conto alla rovescia iniziò a incalzare, gli ultimi preparativi oramai erano alle loro spalle. L’interferometro per la misura dello stato di Bell aveva completato l’allineamento. Era necessaria una perfetta visibilità atmosferica tra i due siti, ma questo rappresentava solo uno dei successivi problemi da risolvere. Al momento non potevano esserci condizioni migliori per il successo dell’esperimento.

Il momento cruciale arrivò, Alice pensava a tutte le criticità discusse fino ad allora, il cristallo prismatico di borato di bario era stato posizionato con incredibile attenzione, e il laser blu era stato perfettamente calibrato alla lunghezza d’onda di 405 nanometri, non uno di più.

I fotoni, i veri protagonisti dell’esperimento, erano pronti. Su di essi una procedura quantistica aveva determinato ogni singola proprietà riproducibile, la massimizzazione della sovrapposizione era garantita grazie alla polarizzazione spaziale, e alla precisione dei calcoli dei loro osservatori accademici.

L’esperimento procede come previsto, nel sito di ricevimento Bob rileva l’avvenuta riproduzione dello stato quantistico dei fotoni riceventi. Le informazioni riprodotte mantengono l’89 per cento di quelle originali, oltre ogni più ottimistica previsione.

Ecco come un altro mattoncino nel muro delle ricerche sul teletrasporto è stato aggiunto, facendo palpitare e sognare ancora una volta tutti i fan della fantascienza classica come Star Trek, il racconto è una mia fantasia, l’esperimento no.

Curiosità, per chi non mastica meccanica quantistica a colazione, Alice, Bob e Charlie sono i nomi dei personaggi caratteristici delle dimostrazioni tipiche della fisica e dell’information technology. In pratica sono dei nomi convenzionali che rendono semplici e meno noiose spiegazioni come “la persona A ha intenzione di inviare un messaggio alla persona B“. Se fra i personaggi trovate un Chuck, allora dovete sapere che si tratta di un partecipante con intenzioni malvagie, mentre Gordon è un agente governativo, ma solo per quanto riguarda la crittografia quantistica.

Fonte: nature photonics

Vitalità estrema

Un lago di catrame e asfalto, miasmi venefici, temperature che oscillano da 32 a 56 °C, grandi bolle di metano che sfiorano dalla superficie liquida grigiastra, queste sono le caratteristiche di Pitch Lake, uno dei più vasti depositi naturali di bitume del mondo  situato nell’isola caraibica di Trinidad.

Ebbene, oltre a questo audace e improbabile ciuffetto di erba che sfida l’asfalto solido sulle “rive del lago”, alcuni ricercatori hanno scoperto che il lago è popolato da una specie di batteri estremofili dell’ordine dei Thermoplasmatales che proliferano ad un tasso vertiginoso, al punto che ogni grammo di sostanza appiccicosa contiene fino a 100.000.000 di cellule microscopiche vitali. Sembra che il metabolismo di questi microorganismi si basi sull’assimilazione degli idrocarburi e possono fare completamente a meno di ossigeno e acqua per sopravvivere.

Questo giacimento minerale probabilmente rappresenta una replica di quanto si potrebbe trovare sulla superficie di Titano, il maggiore dei satelliti di Saturno, se trascuriamo il fatto che la temperatura stimata si aggira intorno ai – 180 °C, e la scoperta di questi incredibili residenti rappresenta un punto cruciale nella comprensione di sistemi vitali basati su condizioni così aliene.

Una scoperta straordinaria che necessita sicuramente di ulteriori interessanti approfondimenti.

Fonte: arXiv:1004.2047v1 [q-bio.GN]

I geni di Matusalemme

Henry Allingham, 111 anni nel 2007.

Una recente ricerca effettuata su 3.500 novantenni olandesi, condotta dal team di Eline Slagboom dell’Università di Leiden, svela una caratteristica genetica che consentirebbe il raggiungimento di un’età veneranda anche in soggetti che non siano proprio dei salutisti sfegatati. Il segreto consiste in un particolare assortimento di geni che proteggono l’individuo dagli effetti del fumo, da diete poco moderate e stili di vita sconsiderati, intervenendo addirittura nell’inibizione di alcune patologie tipiche dell’età avanzata, come il cancro e disturbi cardiaci.

La “suite” di geni che consentirebbe queste virtù, tuttavia, è una combinazione molto rara, solo una persona su 10.000 raggiunge il secolo di vita, e fra questi si è riscontrata un’elevata probabilità di possedere questo cocktail cromosomico, evidenziando che la longevità è strettamente correlata alla genetica ed all’ereditarietà.

I soggetti esaminati sono dotati di un metabolismo in grado di assimilare grassi e zuccheri in maniera differente dalla norma, la loro pelle invecchia più lentamente e risultano meno colpiti da diabete, ipertensione e altri disturbi della circolazione.

Si ritiene che i “geni di Matusalemme“, così chiamati dal patriarca biblico che visse 969 anni, influenzino la produzione di un ormone, l’adiponectina, che è presente nel 10% dei giovani, ma arriva al 30% nel sangue dei centenari, e di altre proteine plasmatiche come il CETP (Cholesteryl ester transfer protein) e l’ApoC3 (Apolipoprotein C-III), tutte strettamente implicate nei processi metabolici.

Alcuni dei geni coinvolti nella produzione di queste proteine, sono stati scoperti dal Prof Nir Barzilai dell’Albert Einstein College of Medicine di New York, in uno studio precedente su circa 500 centenari e loro discendenti.

Rendering della proteina CETP

Il dottor Barzilai durante una conferenza della Royal Society, ha affermato che la scoperta di tali geni indica agli scienziati obiettivi chiari per lo sviluppo di farmaci che potrebbero impedire o ritardare l’insorgenza delle malattie legate all’età, allungando potenzialmente la vita delle persone preservandole in salute più a lungo.

Il dottor David Gems, un ricercatore sulla longevità all’University College di Londra, ritiene che i trattamenti per rallentare l’invecchiamento presto verranno diffusi.  Farmaci mirati per persone oltre i cinquanta anni, potrebbero ridurre enormemente le sofferenze causate dall’invecchiamento, diventando i futuri blockbuster dell’industria farmaceutica. Naturalmente anche le anomalie genetiche come l’invecchiamento precoce o la sindrome X di cui è affetta la diciassettenne americana Brooke Greenberg, che a causa di questo disordine genetico vive in un corpo che non vuole crescere (ha l’aspetto e l’età mentale di una bimba di pochi mesi), potrebbero avere qualche chance terapeutica.

La speranza è che gli interessi economici e le speculazioni delle industrie farmaceutiche non pregiudichino l’avanzare e la diffusione di queste ricerche.

Fonte: Timesonline

Scienze: il futuro inizia … preoccupandosi!

Nessuno può rispondere con certezza alla fatidica domanda su ciò che il futuro ci riserva, ma è possibile azzardare qualche supposizione, basandosi sulle attuali conoscenze e le ipotesi degli esperti in questo campo: i cosiddetti futurologi. Nel campo scientifico e tecnologico, tuttavia l’incertezza è ancora maggiore, data la dinamicità e la vastità delle discipline coinvolte, se Confucio  asseriva che per prevedere il futuro è necessario studiare il passato, in questo campo è d’obbligo sottolineare che a meno di non considerare le teorie del multiverso, ogni previsione è intrinsecamente e inevitabilmente inesatta, anche se si tratta di affacciarsi da una finestra che presenta una visione di soli dieci anni nel futuro. Detto questo, nulla ci impedisce di dare sfogo all’immaginazione, iniziando da uno dei miti più desiderati dell’era post-industriale: l’automobile volante!

Il modello Skycar M400 del 2005, progettato per il decollo e l’atterraggio verticale, costa circa 1 milione di dollari.

Questo veicolo rappresenta il sacro Graal della società futuristica, dove ognuno sfreccia nell’etere in sicurezza con facilità ovunque desideri. Probabilmente avrete visto già decine di video e immagini di prototipi come quello a lato, ma forse non sapete che il primo tentativo risale addirittura al 1917, e molti altri lo hanno seguito. Henry Ford prevedeva l’imminente avvento delle auto-volanti già nel 1940, ma i numerosi fallimenti non confermarono le sue ipotesi visionarie. Nel primo decennio del XXI secolo ancora non si vede nessun mezzo di locomozione privata svolazzare sulle nostre teste, fatta eccezione per gli elicotteri, e anche la NASA ha abbandonato il suo contest che sosteneva la ricerca sulle aeromobili e non sembra che vi siano altre agenzie governative, tranne forse la DARPA, l’agenzia per i progetti di ricerca avanzata per la difesa americana, a promuovere iniziative in tal senso. Troppi sono gli ostacoli che impediscono di raggiungere un risultato sostenibile: costi, gestione dei percorsi di volo, sicurezza, efficienza energetica, addestramento dei piloti, opposizione dei produttori di autoveicoli convenzionali e industrie del trasporto e ultimo non per importanza, l’uso potenziale in ambito terroristico. Senza contare che le peculiarità di volo dovranno essere aggiunte ad un veicolo compatibile al viaggio su ruote.

Il Terrafugia Transition alla EAA Airventure 2008 in Wisconsin, USA.

Infatti, molte delle vetture cosiddette “volanti”, devono essere in grado di poter accompagnare i bambini a scuola, giusto per dirne una, ma anche di intraprendere subito dopo un volo transoceanico per un impegno di lavoro. Inoltre, pensate a quanto potrebbe costare un gingillo del genere, il Terrafugia Transition, che non è un’auto volante, ma un velivolo da strada (road-able plane), spiega le sue ali per un’autonomia di 740 km in volo e 970 km su strada con una velocità massima rispettivamente di 185 e 105 km/h, verrà venduto a partire dal 2011 ad una cifra di poco inferiore ai 200.000 $, dopo le necessarie approvazioni per l’immatricolazione.

Il nostro approccio alla singolarità tecnologica, ovvero quel punto, previsto nello sviluppo di una civilizzazione, dove il progresso tecnologico accelera oltre la capacità di comprendere e prevedere degli esseri umani, per molti futurologi si presenterà intorno al 2030.  Esistono diverse concezioni sul come si presenterà in effetti questo evento, alcuni paventano l’evolversi di un’intelligenza artificiale che entri in competizione con gli esseri pensanti, in maniera indipendente e creativa. In altre parole, le macchine supereranno il dominio incontrastato dell’umanità sul nostro pianeta, creando loro stesse altre nuove macchine, migliorate perseguendo la perfezione.

15 differenti liste di cambiamenti paradigmatici per la storia umana, inserite in un grafico in scala logaritmica, mostrano una crescita esponenziale.

Altri ipotizzano una sorta di progressiva ibridazione tra intelligenza artificiale e umana, che confluirebbe in un nuovo organismo, semicibernetico, con grandi capacità di calcolo, e potenzialità pressoché illimitate nelle comunicazioni e nella produttività. Certamente uno scenario fantascientifico e assolutamente speculativo come afferma Douglas Hofstadter, altri sostengono che una sorta di “onda sincrona” dell’innovazione tecnologica prevista da Ray Kurzweil sia imminente. Le principali critiche a queste acclamazioni sono rinforzate dal mancato raggiungimento di tutte le fantasie tecnologiche raccontate dalla narrativa, non abbiamo ancora basi lunari o la gravità artificiale per esempio. Molto interessante, peraltro, l’osservazione di  Jeff Hawkins, il quale sostiene che, anche se fosse possibile creare macchine con intelligenza superiore, la vera intelligenza si basa sull’esperienza e la formazione, piuttosto che solo su una programmazione avanzata ed un’elevata capacità di elaborazione.

La legge di Moore, espressa con l’enunciato “le prestazioni dei processori, e il numero di transistor ad esso relativo, raddoppiano ogni 18 mesi“, è rimasta valida fin dal lontano 1965, anno in cui Gordon Moore la introdusse, anche se si riferiva ad un aspetto più economico che scientifico. Oggi si pensa che non durerà più di altre due decadi, al massimo, proprio a causa dell’elevato costo che comporta la miniaturizzazione sempre più spinta.

Miniaturizzazione estrema.

Sappiamo infatti che già nel 2014 si supererà il limite dei 20 nanometri per un transistor, ma ogni successiva riduzione sarà troppo cara per una successiva produzione di massa. Non è difficile notare che già ora, l’industria elettronica tende a sfruttare al massimo le attuali tecnologie, prima di investire in nuovi arditi progetti, i  quali comportano il rischio di ingenti capitali per la progettazione di chip di nuova generazione in una affannata corsa all’ultimo ångström.

Cylon vs. CGI

Lasciando alla fantascienza i terrificanti e allo stesso tempo avventurosi scenari prospettati da Skynet e da Battlestar Galactica, emerge tuttavia un’attenzione da parte degli scienziati  sempre più rilevante per ciò che compete la salvaguardia di noi stessi nei confronti delle nostre creazioni robotiche e digitali. Una delle principali preoccupazioni è l’automazione. Verrà consentito ai droni militari ad esempio, di prendere decisioni in autonomia nell’attacco di un bersaglio? Permetteremo che le macchine si replichino senza una stretta supervisione umana? Lasceremo che si spostino accanto a noi con il solo ausilio del loro “pilota automatico”? L’uomo riuscirà sempre ad essere in grado di impartire l’annullamento di una procedura predeterminata, avendo sempre il controllo della situazione?

In una recente conferenza nel settore della robotica industriale, si è posto il problema di come un criminale potrebbe trarre vantaggio dall’abuso di tecnologie come l’intelligenza artificiale, impossessandosi di informazioni riservate e impersonando soggetti reali, o molto peggio. La morale di queste preoccupazioni è che si rende necessario fin da subito porsi queste domande, per non trovarsi spiazzati quando sarà troppo tardi.

Anche se esula dal progresso tecnologico intrinseco, la scienza del domani si interroga su uno degli argomenti più spinosi dei tempi recenti: possiamo far fronte al cambiamento del clima terrestre? Tralasciando, per ora, la questione sull’origine antropica e soprassedendo sui recenti scandali che hanno coinvolto i climatologi dell’IPCC, sembra che ci sia un discreto consenso sull’aumento critico della temperatura terrestre già in atto. Per ora possiamo solo aggrapparci alla speranza di riuscire a far fronte ai disastri più gravi, affrontandone le conseguenze. Il ritiro dei ghiacciai più importanti, l’aumento del numero di cicloni asiatici e della violenza degli uragani, l’innalzamento evidente del livello degli oceani, coinvolgono ogni anno milioni di persone, con immani disastri nelle zone popolate.

Una spiaggia sull’atollo di Funafuti

Tuvalu, una nazione insulare polinesiana, dove abitano più di 12.000 individui, si erge dal mare nel suo punto più alto per non più di quattro metri e mezzo, e il rischio di essere sommersa completamente dalle acque nei prossimi anni sembra essere concreto. Nessuno può onestamente garantire che se da oggi smettessimo di produrre completamente i gas serra, la temperatura non aumenterà più. Anche se l’aumento fosse realmente determinato da una componente antropica, e ammettendo che influenze esterne al nostro pianeta non ne siano la causa principale, secondo le fonti più autorevoli basterebbe la sola presenza dell’anidride carbonica già esistente a garantire il trend termico positivo, che ci porterà a temperature sempre più mediamente “tiepide” nei prossimi anni, fino ai sei gradi in più, temuti per la fine del secolo. Chiaramente non abbiamo molte chance di riuscire a rispondere a questi impellenti interrogativi nel breve periodo, ma se dobbiamo intraprendere una base d’azione efficace, dovremmo sicuramente iniziare a stimolare una collaborazione intergovernativa trasparente, lontana da interessi speculativi e personali, in cui tutto il pianeta si renda partecipe, superando gli attriti, le antipatie e le scaramucce pregresse, sacrificando anche l’orgoglio nazionale in nome di un futuro condiviso e auspicabile, per superare quello che si presenta come una delle più inquietanti e complesse sfide per l’umanità del futuro più prossimo.

Libera traduzione e interpretazione da: HowStuffWorks 5 Future Technology Myths by Jacob Silverman