La ricerca SETI non può ignorare le intelligenze artificiali

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SETI, è l’acronimo per Search for Extra-Terrestrial Intelligence (Ricerca di Intelligenza Extraterrestre), ed è il nome collettivo che descrive un certo numero di attività rivolte alla ricerca di segnali provenienti dallo spazio. Naturalmente non si cercano segnali qualunque, ma gli algoritmi analitici selezionano solo quelli  che potrebbero essere sintomatici di qualche intelligenza extraterrestre e la ricerca viene condotta rigorosamente tramite l’applicazione del metodo scientifico.  Tuttavia finora, come recita anche la definizione di Wikipedia in lingua italiana, il programma si è dedicato alla ricerca della vita intelligente extraterrestre, e secondo Seth Shostak potrebbe essere un sistema troppo riduttivo.

Seth Shostak, classe ’43, è un illustre astronomo statunitense, parte del team SETI e riconosciuto con importanti onorificenze per i suoi eccezionali contributi alla comprensione e all’apprezzamento dell’astronomia fra il pubblico, infatti sostiene che l’intervallo che intercorre tra l’ipotetica evoluzione di un sistema di comunicazione tramite onde radio e lo sviluppo successivo di un’intelligenza artificiale, deve necessariamente essere breve.

Ma non è tutto: egli aggiunge in una pubblicazione di Acta Astronautica che le probabilità a favore dell’individuazione di queste intelligenze artificiali, sono superiori a quelle riconducibili alla vita di tipo biologico.

Molti degli scienziati coinvolti nel progetto SETI hanno a lungo sostenuto che la natura potrebbe aver risolto il problema della vita utilizzando diversi schemi biochimici, diversi da quello familiare del carbonio, suggerendo che gli extraterrestri non solo potrebbero avere un diverso aspetto dal nostro, ma anche a livello biologico, le differenze potrebbero essere completamente sovversive per la concezione di vita a cui siamo abituati.

Un Cylon centurione da Battlestar Galactica.

Tuttavia ciò si basa fondamentalmente sull’assunto ipotetico (ipotesi nell’ipotesi!) che gli extraterrestri siano vivi, nel senso in cui lo intendiamo, cioè ancora basato su una chimica del carbonio. Questa congettura però, ha portato inevitabilmente la caccia su un sentiero che è regolato rigorosamente dalle leggi della biochimica, sostanzialmente da una vita caratterizzata da un periodo di tempo limitato, un sistema di procreazione, ma soprattutto la tendenza innata per l’evoluzione.

A questo proposito, ciò che il dottor Shostak osserva, è che, mentre l’evoluzione necessita di un lungo periodo per sviluppare la capacità di comunicare oltre il proprio pianeta, la tecnologia delle macchine senzienti nascerebbe già progredita, e potrebbe velocemente avanzare da sola, eclissando la specie che l’ha forgiata, in un modo o nell’altro.

Il suo esempio potrebbe essere più chiarificante: Se si considera il tempo necessario per la sviluppo della tecnologia, ad un certo punto si inventa la radio, quindi inizieranno le trasmissioni, di conseguenza si verifica la possibilità di essere rilevati. Ma nel giro di poche centinaia di anni dall’invenzione della radio – se possiamo fungere da esempio – si inventeranno macchine pensanti, e probabilmente è ciò che abbiamo intenzione di fare in questo secolo.

Quindi, costruendo i nostri potenziali successori, da un punto di vista prettamente probabilistico, esistono maggiori possibilità che questi ultimi potranno essere una fonte di segnali più durevoli di quelli inviati da una intelligenza biologica, derivata cioè da una forma di vita (in qualche modo) mortale.

Il segnale WOW! Credit: The Ohio State University Radio Observatory and the North American AstroPhysical Observatory (NAAPO).

John Elliott, un altro veterano della ricerca SETI della Leeds Metropolitan University, Regno Unito, spiega che il dottor Shostak sta consolidando un pensiero che già pervade la comunità di ricerca sulle intelligenze extraterrestri.

La ricerca, che ormai procede ormai da 50 anni, sta attraversando un processo di consapevolezza in cui la nostra tecnologia è in continuo progresso, un modello che potrebbe rappresentare un buon indicatore di come anche le altre civiltà – ammesso che esistano – avrebbero potuto evolversi.

“Sicuramente ciò che stiamo osservando là fuori è un bersaglio in continuo movimento evolutivo.”

Sia il dottor Shostak che il dottor Elliott ammettono che la ricerca e la decodifica di qualsiasi messaggio proveniente da un’eventuale macchina pensante aliena, potrebbe rivelarsi più difficile che nel caso “biologico”, ma la sola idea fornisce nuove direzioni da considerare.

Il Dr. Shostak afferma che le entità aliene rappresentate da intelligenze artificiali sono molto probabilmente destinate a migrare in luoghi dove sia la materia che l’energia – le uniche cose che potrebbero essere di qualche interesse per le macchine – siano presenti in abbondanza. Ciò significa che la caccia del SETI necessita di concentrare le proprie attenzioni vicino a stelle calde e giovani, ma anche vicino al centro delle galassie.

“Penso che avremmo potuto spendere almeno una piccola percentuale del nostro tempo … ricercando in direzioni che forse non sono le più attraenti in termini di intelligenza biologica, ma che potrebbero essere molto più interessanti per le macchine senzienti che sono state lasciate in giro [nell’universo inesplorato].”

Fonte: BBC – Alien hunters ‘should look for artificial intelligence By Jason Palmer

Immagini: Wikimedia Commons

Un breve commento del chimico impertinente:

sebbene sia fermamente convinto dell’esistenza di altre forme di vita, e guardo con interesse gli sviluppi del progetto SETI, partecipandovi anche se in misura minima con il SETI@Home, penso che sia giusto in qualunque caso tenere occhi e orecchie bene aperti da quel piccolo davanzale che è il nostro pianeta, per apprendere il maggior numero di informazioni possibile su quello che in un futuro ormai prossimo potrebbe rappresentare l’unica nostra speranza nel caso in cui le cose volgano al peggio qui sulla Terra. Un’attività che non può permettersi interruzioni, ma nemmeno inutili sprechi di risorse… per tutti gli dei di Kobol!!!

7 pensieri su “La ricerca SETI non può ignorare le intelligenze artificiali

  1. “…sono più interessanti per le macchine senzienti che sono rimaste in giro…” detta così da l’idea di qualche ramingo robottino che una volta sopravvissuto al creatore non sa più che cavolo fare e gironzola per l’universo 😀
    Chissà come si comporterebbe una volta arrivato sulla Terra !?!?!

  2. comunque il SETI inteso come ricerca di “macchine” intelligenti è qualcosa che non avevo mai preso in considerazione; è un aspetto interessante della cosa 😉

  3. Quelli del SETI ormai sono alla frutta,non trovando prove di vita biologica ora la buttano sull’intelligenza artificiale.Dopo?

    • Ma no, che non sono alla frutta. Hai mai sentito nessuno dimostrare con certezza che l’universo ospita la vita solo sul nostro miserrimo pianeta? Comunque, dopo qualche disavventura, e qualche chiamata persa, il SETI è più attivo che mai e milioni di persone tutti i giorni analizzano i segnali captati con il programma SETI@home, aperto sia per i sognatori che per coloro i quali vogliono le prove dell’inesistenza di intelligenza oltre la Terra, e tu?

  4. Il grande Asimov, che non fu solo un grande scrittore, anni fa ipotizzò un sistema per colonizzare lo spazio.
    Macchine di Turing autoreplicanti con i materiali disponibili nelle fasce asteroidali delle stelle avrebbero colonizzato la Galassia in pochi milioni di anni.
    Gli uomini, probabilmente tutti i sistemi biologici, sarebero stati protetti dalle famose Leggi della Robotica e le macchine avrebbero testimoniato per la specie umana.

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