100 anni di Chimica Organica

Cover art del numero di maggio 2010 del Journal of Organic Chemistry che enfatizza il riarrangiamento costante di una molecola di vinilciclobutano.

Potrebbero sembrare antitetiche o addirittura incompatibili, tuttavia quando l’arte e la scienza confluiscono insieme in un’opera dell’uomo, si ottiene sempre il risultato più ambito: la diffusione di un argomento scientifico con efficacia impareggiabile e la scoperta di insospettabili estimatori. In linea generale, la bellezza corrisponde ad un piacere individuale relativo ad un oggetto o un’idea. Può essere del tutto soggettiva e personale, pur sempre di competenza filosofica, ma anche così riesce ad esprimere in pieno la sua forza solo quando è opportunamente condivisa con gli altri. Molto probabilmente, l’estetica applicata alla scienza, e nella fattispecie, alla chimica, consente la transizione e lo sdoganamento verso un pubblico diversamente variegato, almeno per coloro i quali sono in grado di inoltrarsi in piacevoli contemplazioni, indipendentemente dalla tematica portante.

Naturalmente anche la chimica è un’opera (emerita) dell’ingegno umano, e sempre più spesso le ultime ricerche in questo campo vengono pubblicate con l’abbinamento al cosiddetto graphical abstract, una sintesi espressa in forma visiva del contenuto di un articolo scientifico, da non confondere con tavole e figure presenti all’interno degli articoli scientifici stessi. Come traduce Leonardo Romei nel suo Synsemia, “si tratta di un’immagine organizzata all’interno di un solo riquadro, che dà al lettore un’immediata comprensione di qual è il messaggio importante, da ricordare (da portare a casa), dell’articolo. Il suo scopo è incoraggiare la consultazione rapida (incoraggiare a sfogliare, navigare), promuovere la cultura dell’interdisciplinarità, e aiutare i lettori a identificare rapidamente quali articoli sono più importanti rispetto ai loro interessi di ricerca”. Dunque: strumento di sintesi e di memorizzazione”. 

Questo però non vieta di sconfinare in vere e proprie opere d’arte, che talvolta vengono anche selezionate per illustrare la copertina di un journal, come per l’immagine in alto frutto di elaborate iterazioni, oppure assumere una quasi irriverente valenza ironica, volontaria o meno, come dimostrano le simpatiche citazioni del tumblr TOCROFL (il cui nome significa pressapoco “rotolarsi sul pavimento dalle risate con gli abstract grafici”), in ogni caso è quasi impossibile non apprezzare lo sforzo impiegato per riprodurre le complessità della scienza in un’iconografia pregna di enormi potenziali divulgativi e al tempo stesso umile nei suoi buoni propositi. Talvolta l’intersezione tra arte e scienza raggiunge livelli ragguardevoli (a dir poco), ed è proprio con uno di questi esempi che vorrei condividere le belle emozioni che ho sperimentato insieme a coloro che avranno la pazienza e l’ardire di proseguire oltre questa prolissa (e un po’ pomposa in verità) introduzione.

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13 scoperte della chimica che cambiarono il mondo

Bella e letale: alfa-emolisina! Ah, le infinite complessità della chimica…

Tredici per la matematica è un numero primo fortunato e felice, mentre per la chimica è solo il numero atomico dell’atomo di alluminio (Al).  Questo mese però, è anche il primo anniversario del Carnevale della Chimica, un appuntamento oramai consolidato tra i blogger con affinità elettive verso questa meravigliosa materia, che arriva quindi alla sua tredicesima, felice e fortunata, edizione che avrà luogo domani, 23 gennaio, sul blog scientifico partecipativo Gravità Zero, al quale partecipa anche il chimico impertinente. Come celebrarlo al meglio se non illustrando le tredici principali scoperte nel campo della chimica che sono riuscite a sradicare i falsi paradigmi del passato o si sono rivelate responsabili dei grandi progressi nell’evoluzione scientifica del genere umano?

Ecco quindi una rassegna che, anche se molto sintetica, è ricca di numerosi collegamenti, giusto per approfondire le scoperte che meglio rappresentano la chimica e senza le quali il mondo come noi lo conosciamo non esisterebbe affatto. Naturalmente l’elenco non può che risultare fin troppo limitato, se confrontato con la totalità dei progressi che questa scienza ha conseguito negli ultimi decenni.

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Chi è il più grande chimico della storia?

Il contest del momento come da titolo, è stato lanciato su Twitter da NatureChemistry un paio di giorni fa, scaturito da una conversazione improvvisata tra alcuni big di Nature, che per primi (quest’anno) si sono posti la fatidica questione: quali sono le principali icone nella storia della fisica e naturalmente della chimica?

Ben presto i quattro [1] si rendono conto che per la fisica (non se la prendano gli estimatori) il problema è di facile e immediata soluzione. Fra i contendenti ne spiccano due, Einstein e Newton, che da soli raccolgono senza indugi la maggior parte delle preferenze, a questo link, con la “modica spesa” di una registrazione gratuita potrete trovarne qualche testimonianza.

Il testo originale del sondaggio recita:

…time for an unscientific & arbitrary Twitter poll – Who is the greatest chemist of all time? #IYC2011

Nel contempo emerge la consapevolezza che per la chimica la faccenda si complica, e parecchio. Bisogna riconoscere che la notorietà tra i chimici è molto più ripartita, certo esistono alcuni nomi più noti di altri, ma per questa disciplina siamo di fronte ad un insolita quanto democratica condivisione della fama. La preferenza in questo frangente diventa quasi sempre principalmente soggettiva, spesso viene pilotata dalle comuni origini territoriali, oppure viene rievocata da reminescenze scolastiche scolpite indelebilmente nelle profondità della memoria, talvolta è la semplice comunanza del settore della ricerca o dello specifico ambito lavorativo che ne decreta un certo favoritismo, quasi partigianistico.

Per gli sprovveduti, i curiosi e tutti quelli a cui il nome di un chimico celebre non sovviene immediatamente, vorrei dedicare questa selezionata rassegna, un elenco (ahimè) fin troppo breve e tutt’altro che esaustivo di chimici memorabili, che conosco meglio o che trovo più significativi e simpatici. [2] Lascio ai miei lettori la gradita facoltà di commentare la propria preferenza, lasciare un contributo aggiuntivo o segnalare involontarie omissioni.

Lo han fatto quelli di Nature, subito seguiti da un noto blog di chimica ispanico, e da chissà quanti altri in futuro. Ebbene, da buon impertinente, potevo io sottrarmi dal rilanciare un così opportuno e interessante sondaggio? In parallelo vorrei anche lanciare un contest nostrano, proprio in onore dell’Anno Internazionale della Chimica (IYC2011, per gli amici) visto dal belpaese, ma soprattutto per inaugurare l’ultimo arrivato tra i carnevali scientifici: il  neonato carnevale della chimica!

Dunque, la seconda importante domanda, in estrema sintesi, è: qual è il più grande chimico italiano  della storia?

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Il nonno delle terre rare

Johan Gadolin

Esattamente 250 anni fa, il 5 giugno del 1760, nacque Johan Gadolin, un chimico finlandese, noto soprattutto per la sua scoperta dell’ittrio e per l’elemento che porta il suo nome, il gadolinio.

Erano anni difficili per la chimica, la tavola periodica non era stata ancora nemmeno ipotizzata, la stessa disciplina scientifica stava percorrendo i suoi primi passi per allontanarsi dall’alchimia e dai suoi falsi profeti che la professavano. In questo contesto, Gadolin seppe muoversi con destrezza, agevolato dalle discendenze accademiche del padre e dei suoi nonni, nonché inseriti appieno nelle file del clero luterano scandinavo, come ministri e vescovi. Era un predestinato, suo padre, professore di fisica, astronomia e teologia, gli assicurò un tutore privato che iniziò a seguirlo quando aveva solo 5 anni per 10 ore al giorno. Le sue lezioni erano prettamente delle noiose memorizzazioni, che lui affrontava con estrema difficoltà, ma questo non gli impedì di fare il suo ingresso nella carriera universitaria all’età di 14 anni, dopo aver già appreso interamente le opere di Archimede e di Euclide.

La concentrazione intensa richiesta dagli studi matematici gli provocava vertigini e forti capogiri, e per questo motivo scelse di dedicarsi alla chimica, sicuramente più interessante e meno problematica per i suoi gusti. Nonostante i suoi meriti accademici e le influenze di amici e familiari, non riuscì inizialmente a ottenere incarichi corrispondenti alle sue qualifiche, e forse per questo motivo partì per un lungo viaggio attraverso il nord Europa, dove visitò le facoltà più prestigiose e presentò alla comunità scientifica le sue teorie sull’importanza dell’ossigeno nella combustione, un passo fondamentale per l’abbandono della teoria del flogisto, l’ultimo baluardo delle deliranti cognizioni alchemiche. Il flogisto era un ‘elemento’ esoterico discendente diretto dal fuoco dei quattro elementi primordiali, insieme all’acqua, aria e terra, ed era ritenuto responsabile delle  reazioni di ossidazione come la combustione e la formazione della ruggine.

Gadolin scriveva in latino, tedesco, inglese, francese, russo, svedese e finlandese, era in contatto per corrispondenza con i principali scienziati dell’epoca e fu autore del primo libro di testo della chimica moderna, utilizzato per oltre un secolo. Fu uno dei primi chimici a dare esercizi di laboratorio agli studenti, arrivando perfino a permettere agli studenti di usare il suo fantastico laboratorio privato.

Egli fu il primo chimico scandinavo a sostenere e diffondere le teorie di Lavoisier sulla combustione. Si accorse della presenza di ossido di ittrio, la prima terra rara scoperta, in alcune rocce che stava analizzando, un minerale nero e pesante proveniente da una cava situata nel villaggio svedese di Ytterby, nei dintorni di Stoccolma.  Da questo luogo derivano i nomi degli elementi ittrio (Y), itterbio (Yb), terbio (Tb) ed erbio (Er).

Descrisse con accuratezza le reazioni di dismutazione, studiò i calori specifici e i calori latenti e fu anche l’ideatore dimenticato della distillazione “controcorrente”, un  pratico ed elegante principio che rivoluzionò i metodi allora conosciuti per le distillazioni alcoliche ed una delle basi della chimica industriale.

Un vero uomo del Rinascimento, un pioniere della scienza attivo in diversi campi: matematica, fisica, mineralogia, metallurgia e industrializzazione, gli onori accademici non si contano. Fu il secondo scienziato ad avere un elemento chimico che porta il suo nome, dopo il geologo russo W. Samarski (per il samario), e il gadolinio è l’unico elemento chimico naturale non radioattivo battezzato con il nome di qualcuno.

Oggi ho scoperto di avere l’onore di essere nato nello stesso giorno di questo grandissimo personaggio poco noto, e per questo motivo ho deciso di dedicare a lui questo lungo post commemorativo, con sincera riconoscenza per quanto ci ha regalato.

Fonte: http://docs.google.com/viewer?url=http://web.me.com/dtrapp/people/JGadolin.pdf