La memoria delle piante e chimiche fito-cognitive

Fino a qualche anno fa anche negli animali era tabù parlare di intelligenza, ma oggi non è più così, oltre all’istinto c’è di più. Penso che l’intelligenza sia una proprietà biologica, una proprietà della vita stessa, che si è adattata differenziandosi ed evolvendosi in modi distinti secondo precise esigenze biologiche.

In sintesi, non esistono esseri viventi privi di una forma di intelligenza, e il regno vegetale non fa eccezione, sebbene sia comprensibile quanto può essere difficile  accettarlo senza porsi qualche interrogativo esistenziale.

Intelligenza del cavolo! Molti studi vengono condotti su piante come l'Arabidopsis thaliana, appartenente alla stessa famiglia del cavolo comune, e utilizzata come "organismo modello". Imagecredit: Wikimedia Commons

Il ruolo della chimica infatti non è relegato solo alle esigenze energetiche e riproduttive della vita vegetale, ma come per il regno animale, vi sono numerosi segnali di attività cognitive.

Le piante di pomodoro comunicano con quelle della propria specie anche a chilometri di distanza. I messaggi sono veicolati da sostanze chimiche e i contenuti sono, per esempio, “attenzione, attacco d’insetti”, ma si può trattare anche di dati sugli stati nutrizionali del terreno: “Da questa parte c’è acqua!”. Le piante sono territoriali e, non potendo spostarsi, difendono la loro area vitale con i “denti”. Quando una pianta entra con le radici nello spazio vitale della pianta di un’altra specie, vengono emessi segnali di avvertimento. Se vengono ignorati, allora si scatena una guerra chimica, con emissione di sostanze mortali per le radici dell’antagonista.

Stefano Mancuso al TED. Imagecredit: Ted.com

Il professor Stefano Mancuso è uno dei ricercatori più attivi in questo campo, a lui si deve il progetto di sviluppo del  plantoide, il primo robot ispirato dagli studi sui vegetali, nato anche grazie ai finanziamenti dell’Agenzia Spaziale Europea che ipotizza di usarlo per la futura esplorazione di Marte. Il suo lavoro, svolto presso il LINV (Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale Università degli studi di Firenze), si basa su un’intuizione fondamentale:  anche le piante, a modo loro, posseggono l’equivalente di un cervello.

Finora sono state costruite molte macchine che imitano gli animali, ma mai una che imitasse una pianta. E invece le piante sono più dotate proprio nell’esplorazione e nella colonizzazione dei terreni sterili. Il progetto prevede l’invio su Marte di migliaia di semi artificiali che dovrebbero aprirsi, emettendo radici meccaniche che andranno nel sottosuolo e percepiranno molti parametri chimici e fisici. Quindi una “pianta madre” raccoglierà i dati e una volta al giorno li invierà a Terra». In questo modo si coprirebbero zone molto ampie, esplorando decine o centinaia di chilometri, con un consumo energetico bassissimo: i plantoidi trarrebbero l’energia solare da foglie artificiali.

Stefano Mancuso, intervenuto qualche giorno fa al TED GLOBAL 2010, una conferenza scientifica tenutasi a Oxford a cura di un’organizzazione  no-profit (TED, acronimo di Technology, Entertainment, Design),  ritiene che le piante siano sottovalutate. Le piante si muovono, giocano, rispondono alla gravità, dormono  e comunicano,  ma come riuscirebbero a fare questo senza un cervello?

Evidenza di reazioni chimiche nelle foglie non esposte alla luce. Imagecredit: BBC

Un supporto importante a questo quesito emerge da un recente studio pubblicato qualche giorno fa dalla rivista specializzata Plant Cell, in cui un gruppo di ricercatori polacchi guidati da Stanislaw Karpinski, mostrano che le piante non solo inviano segnali elettrochimici in maniera analoga al sistema nervoso animale, ma “ricordano” le informazioni (come uno stimolo luminoso) e sono dotate di cellule dedicate alla trasmissione di queste informazioni. La persistenza della memoria si concretizza esaminando le immagini acquisite con tecniche di fluorescenza per valutarne le risposte,  in cui è evidente, anche dopo aver tolto la sorgente luminosa, la permanenza dello stimolo provocato dalla luce.

Lo stimolo sensoriale quindi prosegue anche dopo che la luce è spenta, un modo per costruire una memoria a breve termine“, come sostiene Karpinski, in un suo messaggio di posta elettronica. “Le foglie sono fisiologicamente in grado di ‘memorizzare’ diversi episodi di eccesso di luce e utilizzano queste informazioni memorizzate, per esempio, per migliorare la loro acclimatazione e le difese immunitarie“.

Gli scienziati hanno scoperto che la luce su una foglia innesca una cascata di eventi, una catena di reazioni chimiche che segnala immediatamente al resto della pianta la situazione attraverso un tipo di cellule chiamate bundle sheath cell, presenti in ogni parte della pianta. Karpinski, della Università di Varsavia di scienze della vita in Polonia, ha misurato i segnali elettrici provenienti da quelle cellule, esaminandoli alla ricerca di un sistema centrale nervoso per i vegetali.

Christine Foyer, uno scienziato dell’Università di Leeds, ha detto che questo studio “porta il nostro pensiero un passo avanti”. Le piante devono sopravvivere a stress, come la siccità o freddo, superandoli e continuando a proliferare”. “Ciò presuppone una valutazione della situazione e producendo una risposta adeguata – il che è una forma di intelligenza.”

Non ci sono neuroni nelle piante, ma esiste sicuramente una rete di comunicazione ancora non completamente compresa.

Scommetto che per qualcuno potrebbe essere una notizia inquietante, visto che ancora oggi tanti esseri umani sono ancora pervasi dai deliri di discriminazione etnica e moltissimi sono gli increduli di fronte all’emotività animale, come potranno mai conciliarsi con queste rivoluzionarie  e sconcertanti scoperte?

Fonti: PopSci.com, BBC, Wired.it, Ted.com

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