L’aspartame della discordia

I chimici lo conoscono come L-aspartil-L-fenilalanina metilestere, un additivo alimentare noto anche con la sigla E951 che è nato casualmente nei laboratori della ditta G.D. Searle & Company (oggi acquisita dalla Monsanto), quando James M. Schlatter, che stava lavorando alla produzione di un farmaco anti-ulcera, ne scoprì l’inaspettata dolcezza leccandosi il dito contaminato da un prodotto della reazione in atto. Forse sarebbe stato meglio che, come tutti i chimici diligenti, avesse indossato un paio di guanti…

Da allora sono passati quasi 50 anni e oggi l’aspartame è sicuramente l’edulcorante più utilizzato al mondo perché ha un costo basso, un grande potere dolcificante e all’industria alimentare risulta di facile reperibilità e lavorazione. Tra i suoi primati vanta anche quello di essere uno degli additivi alimentari fra i più studiati e testati al mondo, ma anche uno dei più controversi e contestati, con conflitti di interessi che hanno minato la credibilità della FDA e dei vari enti governativi che hanno appoggiato la sua approvazione.

Una battaglia mediatica su più fronti, senza frontiere né scrupoli, non esente da colpi bassi e meschini, per cui più che la chimica ne sono responsabili ambigui protagonisti protetti dalle enormi finanze di cui dispongono, una situazione comune per la quale ci stiamo troppo facilmente rassegnando…

Alcuni dei principali brand che contengono il nutrasweet, o aspartame.

Come me, in molti si scopriranno sorpresi dalla cortina di fumo che ha accompagnato la ricerca negli studi atti a dimostrare l’innocuità di questa sostanza, anche la pagina di Wikipedia in lingua inglese che tratta della controversia, enfatizza maggiormente le bufale e le cospirazioni che sono state prodotte nell’estremo tentativo di contrastare le menzogne piuttosto che concentrarsi sulla fallacia delle ricerche scientifiche che la sostenevano, al punto che insorgono pesanti dubbi sulla sua imparzialità, fino a giungere alla discutibile conclusione che l’aspartame risulta assolutamente innocuo ai dosaggi giornalieri massimi a cui possiamo sottoporci.

Ieri Report su RaiTre ne ha fatto un servizio impeccabile, e per quanto possa aver cercato dal punto di vista di uno scettico incallito, non ho potuto trovare alcun elemento concreto di smentita. La mia posizione conclusiva è la seguente: Se si da più peso alla ricerca scientifica indipendente, allora sì, l’aspartame può provocare il cancro negli esseri umani. Se si preferiscono gli studi finanziati dall’industria, allora la risposta è no, l’aspartame non ha effetti negativi per la salute per gli esseri umani.

Ed è proprio un ricercatore indipendente, oltretutto italiano, che da tempo lotta contro i mulini a vento per rendere giustizia alla verità, l’aspartame è pericolosissimo, e le prove sono schiaccianti, secondo il dottor Morando Soffritti direttore dell’istituto Ramazzini che non ha dubbio alcuno:

Noi abbiamo dimostrato che l’aspartame non è assolutamente sicuro.  

Dalla copertina di Sweet'Ner Dearest: Bittersweet Vignettes About Aspartame (Nutrasweet) di H. J. Roberts

E i dubbi non si fermano all’aspartame, anche il sucralosio e altri dolcificanti artificiali sono sospetti di allarmanti minacce alla nostra salute, nonostante le diffuse smentite e sottotrame cospiratorie. Ogni singolo studio finanziato dalle industrie dimostra che l’aspartame è sicuro, ma il 92% di tutte le ricerche indipendenti identificano uno o più problemi per la sicurezza.

Una delle principali review citata per respingere le preoccupazione per la sicurezza dell’aspartame è la  Burdock safety evaluation del 2007. Ma questa revisione degli studi principali sull’argomento è stata finanziata dalla giapponese Ajinomoto, il principale produttore mondiale di aspartame con il 40% delle quote di mercato mondiale, ed è stata condotta dal gruppo Burdock, un’organizzazione il cui focus commerciale è quello di acquisire regolamentazioni favorevoli delle sostanze in esame per i propri clienti. Gli scienziati che stilano le valutazioni di sicurezza per il gruppo Burdock sono soggetti a numerosi conflitti di interesse, incluso Bernadene Magnuson, consulente dell’industria delle bevande dietetiche che ha girato il mondo finanziato da colossi come la Coca-cola.

Magnuson ovviamente è uno dei principali detrattori degli studi di Soffritti. Se volete leggere un brillante esempio di giornalismo patologico, su Forbes la settimana scorsa è stato pubblicato un articolo che contesta pesantemente l’istituto Ramazzini, mirando a screditarne ogni credibilità. Inutile aggiungere che questa testata è uno dei principali organi mediatici del capitalismo americano, pertanto è da giudicare per quello che è: pura disinformazione.

Non che manchino le (boicottate) alternative, ma forse nel frattempo qualcosa si muove, l’agenzia europea EFSA, il prossimo settembre sarà impegnata nella rivalutazione di questa sostanza alla luce dei più recenti studi, una bella responsabilità, ma con nessuna certezza sull’esito. Questa, come tante altre storie in cui sono coinvolti interessi stratosferici, dovrebbe scatenare insurrezioni mediatiche senza precedenti, invece solo una trasmissione di nicchia come Report, tra una pubblicità e l’altra, si permette di trattare in maniera più approfondita. Segno evidente che la nostra “evoluta” civiltà è in balia di pochi despoti commerciali, e nulla può scalfirli, anche se pensiamo di essere gli unici titolari dei nostri cervelli.

Riferimenti:

Report: Dolce è la vita di Sabrina Giannini

How Aspartame Became Legal – The Timeline by Rich Murray

ResearchBlogging.orgSoffritti, M., Belpoggi, F., Esposti, D., Lambertini, L., Tibaldi, E., & Rigano, A. (2005). First Experimental Demonstration of the Multipotential Carcinogenic Effects of Aspartame Administered in the Feed to Sprague-Dawley Rats Environmental Health Perspectives, 114 (3), 379-385 DOI: 10.1289/ehp.8711

Soffritti, M., Belpoggi, F., Tibaldi, E., Esposti, D., & Lauriola, M. (2007). Life-Span Exposure to Low Doses of Aspartame Beginning during Prenatal Life Increases Cancer Effects in Rats Environmental Health Perspectives, 115 (9), 1293-1297 DOI: 10.1289/ehp.10271

Soffritti, M. (2008). Carcinogenicity of Aspartame: Soffritti Responds Environmental Health Perspectives, 116 (6) DOI: 10.1289/ehp.10881R

35 pensieri su “L’aspartame della discordia

  1. Il piccolo gruppo di ratti su cui e’ stata fatta la ricerca non dimostra l’epidemiologicamente la cancerogenicità dell’aspartame. Molti altri studi italiani come quelle del Mario Negri sono in netto contrasto con le ipotesi sostenute dall’istituto Ramazzini.

    • Mi sembra che questa obiezione sia la stessa che fa Soffritti rispetto agli studi antagonisti. Ti cito un passo dal secondo paper che ho linkato (peer review):
      In our opinion, the small number of animals used per sex and per group and the termination of these experiments after 110 weeks of age, rather than observing animals over their life span, represent limiting factors when evaluating the carcinogenic risk or safety of artificial sweeteners such as aspartame. It was for this reason, together with the growing use of APM in industrialized countries, that we designed and performed a mega-experiment using seven groups of Sprague-Dawley rats (100–150 per sex per group) treated with APM in feed at various dose levels (including one very close to the ADI for humans), from 8 weeks of age until natural death (Belpoggi et al. 2006; Soffritti et al. 2005, 2006).
      DOI: 10.1289/ehp.10271

      Sul fatto che molti studi contrastino con quelli dell’istituto Ramazzini, non avevo alcun dubbio. 😉

  2. ma l’aspartame dove si trova? solo nelle bustine o anche in prodotti dolciari ? in quest’ultimo caso, viene dichiarato?

    • L’aspartame è utilizzato per dolcificare vari prodotti alimentari come bevande (tutte le diet-), prodotti di pasticceria e confetteria, gomme da masticare e caramelle senza zucchero, prodotti a basso tenore calorico e dietetici, nonché come edulcorante da tavola. Se non citato espressamente, lo ritrovi fra gli ingredienti con la sigla E591. Deve essere citato perché è una fonte di fenilalanina, pericolosissimo se soffri di fenilchetonuria, e questo non è in discussione.

    • In fondo c’era già un mio commento, che comunque riporto anche qui:
      A mio avviso nel tentativo di riequilibrare la (presunta) insinuante e inconcludente puntata di Report, forse ci si è sbilanciati troppo verso i palesi interessi a favore del contestato dolcificante. Gli studi contrari sono per la maggior parte indipendenti, quelli favorevoli spesso sono finanziati dalle multinazionali che le producono. Inoltre il nocciolo della questione è ancora quel maledetto dosaggio, 40-50 mg/kg/die sono un esagerazione filoguidata, purtroppo sembrerebbe che una dose di molto inferiore sia già rischiosa, soprattutto per i bambini e le donne in gravidanza, data anche l’ubiquità del prodotto. Cerchiamo di non mischiare le carte in tavola e guai a chi dice che è colpa della chimica, qui la mancanza di scrupoli è di tutt’altra natura.

      Prima che arrivi qualcuno che mi citi il post di Wired, replico subito a due principali inesattezze come ho fatto su G+:
      Secondo l’autore, il business dei dolcificanti è quantificato in poche decine di milioni di dollari. Secondo le mie fonti invece si tratta di una fetta di mercato di 1,1 miliardi di dollari annui, con una crescita del 3-4%.
      E ancora, I dati epidemiologici non consentono di generare allarme, che appare ingiustificato visto che i pochi riscontri sono stati ottenuti su piccoli gruppi di ratti”, mentre invece a me risulta che nella ricerca del 2008 sono stati impiegati sette gruppi di ratti, composti da più di 100/150 elementi per ciascun sesso (=1400/2100 poveri animali). Pochi? Boh!

  3. chi produce e vende aspartame è oggi in una lobbi, invece hanno trovato un dolcificante naturale che si chiama STEVIA la quale oltre ad essere naturale è ottimo per chi è iperteso, colesterolo alto diabete etc etc purtroppo non è proprio economico lo dico con ragione di causa in quanto lo vendo

    • Ciao Luca,
      infatti ho citato la stevia nel mio articolo tra le alternative (ma non è l’unica), e sono sicuro che non sia proprio economica. Secondo te come mai?

      • Beh, non è proprio facilmente accessibile dal punto di vista sintetico http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/f3/Stevioside.svg
        Voglio dire, non quanto possa essere a buon mercato la sintesi dell’aspartame, per cui penso venga ottenuto per via estrattiva dalla pianta (Stevia rebaudiana), ecco il perché del costo elevato. Comunque per essere un’alternativa non parte benissimo, riporto da wikipedia in inglese: ”

        A 1985 study reporting that steviol may be a mutagen[7] has been criticized on procedural grounds that the data were mishandled in such a way that even distilled water would appear mutagenic.[8] More recent studies appear to establish the safety of steviol and its glycosides. In 2006, the World Health Organization (WHO) performed a thorough evaluation of recent experimental studies of stevia extracts conducted on animals and humans, and concluded that “stevioside and rebaudioside A are not genotoxic in vitro or in vivo and that the genotoxicity of steviol and some of its oxidative derivatives in vitro is not expressed in vivo.”[9] The report also found no evidence of carcinogenic activity. The report also suggested the possibility of health benefits, in that “stevioside has shown some evidence of pharmacological effects in patients with hypertension or with type-2 diabetes”,[9] but concluded that further study was required to determine proper dosage.”

      • Ciao Marvin, a quanto leggo il processo di estrazione è simile a quello della canna, personalmente credo che il costo elevato sia dovuto soprattutto al fatto che nel mercato dei dolcificanti a zero calorie, le alternative sintetiche abbiano lasciato poco o nessuno spazio alle soluzioni naturali come la stevia e molte altre (scommetto che nessuno immagina quante ce ne sono), che ovviamente non possono essere brevettate in modo da garantire i profitti necessari a giustificare gli investimenti per una coltivazione intensiva e relativa estrazione. Il quasi-monopolio dell’aspartame et similia invece è un business in costante crescita e ben solido grazie a valutazioni presumibilmente superficiali e (forse) pilotate. Probabilmente è questo il motivo per il quale ogni minaccia allo status quo suscita resistenze anche automatiche, ma soprattutto ben radicate nel senso comune. Su 1000 persone, quante conoscono la stevia? E quante sanno che basta anche una fogliolina della pianta coltivata in vivo sul balcone per addolcire una bevanda? E quante l’hanno mai vista dal vivaista di fiducia?

  4. Eppure gli studi di Soffritti sono stati tutti già valutati dall’EFSA:

    Nel 2006 il gruppo di esperti scientifici sugli additivi alimentari, gli aromatizzanti, i coadiuvanti tecnologici e i materiali a contatto con gli alimenti (AFC) ha valutato uno studio di cancerogenicità a lungo termine sull’aspartame condotto dalla Fondazione Europea Ramazzini (FER) di Bologna, Italia, e pubblicato da Soffritti et al. nel 2005 e nel 2006. Sulla base di tutte le prove addotte dallo studio FER nonché di altri studi recenti e valutazioni precedenti, il gruppo AFC ha concluso che non vi era motivo di rivedere la DGA precedentemente stabilita per l’aspartame di 40 mg/kg peso corporeo/giorno.

    Nel 2009 il gruppo di esperti ANS ha emanato un parere sui risultati di uno studio della FER sulla cancerogenicità dell’aspartame nei ratti pubblicato da Soffritti et al. nel 2007. L’EFSA ha richiesto i dati relativi a questo studio nel 2007 e nel 2008. Il parere è stato in seguito aggiornato per tenere conto dei dati supplementari presentati dalla FER nel febbraio 2009. Il gruppo ha concluso che, sulla base di tutte le prove disponibili in quel momento, compreso lo studio FER pubblicato nel 2007, non vi era alcuna indicazione di potenziale genotossico o cancerogeno dell’aspartame e nessun motivo per rivedere la DGA precedentemente stabilita per l’aspartame di 40 mg/kg di peso corporeo/giorno.

    Nel 2010 sono stati pubblicati due studi sui possibili rischi per la salute associati al consumo di dolcificanti artificiali, ovvero uno studio sulla carcinogenicità nei topi esposti all’aspartame mediante alimentazione, condotto dalla FER (Soffritti et al.), e uno studio epidemiologico sull’associazione tra assunzione di bevande analcoliche dolcificate artificialmente e accresciuta incidenza di parti prematuri (Halldorsson et al.). In una dichiarazione del febbraio 2011 l’EFSA concludeva che i due studi non davano adito a motivo per riconsiderare le precedenti valutazioni sulla sicurezza dell’aspartame o di altri dolcificanti attualmente autorizzati nell’UE. La disamina di questi studi da parte dell’EFSA è stata eseguita in collaborazione con l’Agenzia francese per la sicurezza dell’alimentazione, l’ambiente e la salute sul lavoro, Anses, che pure effettua studi in merito.

    http://www.efsa.europa.eu/it/topics/topic/aspartame.htm

    • Grazie del circostanziato commento, LaNi5.
      Ma infatti pendiamo tutti dalla decisione che l’EFSA sancirà il prossimo settembre, la quale ha dichiarato:
      EFSA will continue monitoring the scientific literature in order to identify new scientific evidence on sweeteners that may indicate a possible risk for human health or which might otherwise affect the safety assessment of these food additives.

      This EFSA statement follows the scientific statement adopted by the Food Additives and Nutrient Sources added to food Panel (ANS) on 3 February 2011 (EFSA, 2011). In its scientific statement, the ANS Panel has indicated that it will undertake a detailed analysis of the study results and conclusions reported by Soffritti et al. (2010), including the suggested implication of methanol.

      Quindi c’è da chiedersi come mai se era così sicura, abbia accettato una revisione, anticipando la scadenza originale per una ridiscussione fissata al 2020…

      Ricordiamoci altri precedenti analoghi, i coloranti alimentari Rosso Sudan (Sudan I, Sudan II, Sudan III, Sudan IV, Para Red, Rodamina B e Arancio II), sono stati ritirati dal commercio e dalla distribuzione dopo un iter durato anni, tra allarmismi, complottismi e smentite, e nonostante per alcuni non ci siano evidenze esaustive universalmente accettate della cancerogenicità, come ad es. in Uk dove la Food Standards Agency (FSA) ha dichiarato:
      the Agency’s independent scientific experts have advised that, although there are very limited data available, it would be prudent to assume that it could be a genotoxic carcinogen.

      Siamo quindi qui a dibattere tra principio di precauzione e diritti del consumatore in confronto alla pretesa di alcune lobby che dispongono della loro potenza commerciale per propinare sostanze discutibili e di dubbia innocuità. Tutto questo nonostante esistano alternative meno controverse.

      • Figurati, il commento era solo un copia-incolla preso dalla pagina dell’EFSA che ho linkato.
        Non so quanto l’EFSA sia sicura dei suoi responsi a riguardo, di certo nell’accelerazione dei tempi svolge un ruolo importante anche l’esposizione mediatica del problema e/o nuovi studi scientifici.

  5. Pingback: ADDITIVI ALIMENTARI | Green Field

  6. buongiorno
    articolo equilibrato e non delirante. una domanda da assoluto profano: quando vengono citati studi del tipo ‘ i ratti reagiscono cosi’..’ ecco, che validita’ ha uno studio su, appunto, dei ratti?
    grazie.

    • Una domanda molto pertinente che richiederebbe però una risposta molto più complessa di quella che mi accingo a fornire e che si scontra con i miei personali principi etici nei confronti della sperimentazione animale, da me ritenuti essenzialmente uno scoglio da superare verso alternative più sostenibili e con maggiore significatività dei risultati. A tal riguardo, traduco da qui, “Nel 2007 la US National Academy of Sciences ha pubblicato un rapporto, Toxicity Testing in the 21st Century: A Vision and a Strategy, che prevede un futuro non troppo lontano in cui quasi tutti i test di tossicità di routine saranno effettuati con cellule umane o linee cellulari in vitro valutando le risposte cellulari in una suite di test di tossicità che utilizzano percorsi analitici ad alta efficienza, che potrebbero essere attuati con assistenza robotica. Di certo l’ostracismo del mercato delle cavie non agevola queste soluzioni.
      In ogni caso, per tentare di rispondere al quesito puntuale, numerosi studi attestano, grazie alla condivisione del 99% del patrimonio genetico con gli esseri umani, che i roditori rappresentano un modello prettamente empirico, ovvero bisognerebbe sapere prima se il modello si applica all’uomo dopo aver appurato ciò che in effetti accade nell’uomo. Si tratterebbe quindi di un “topo che si morde la coda”, in quanto se ne fossimo al corrente non sarebbe necessaria la sperimentazione animale! (qui una review interessante)
      Tuttavia ad oggi i test relativi alla carcinogenicità chimica tramite l’impiego di modelli animali è riconosciuta e accettata in maniera diffusa come valida previsione di potenziale pericolosità di insorgenza dei tumori nell’uomo, anche se la maggior parte dei test biologici sui roditori iniziano diverse settimane dopo la nascita e prevedono l’esposizione degli animali a sostanze chimiche, compresi inquinanti industriali e ambientali, per 2 anni, mentre nuovi risultati indicano la necessità di estendere i tempi e la durata delle esposizioni utilizzate nei test con i roditori, come Soffritti tenta di dimostrare (dall’abstract di quest’altra ricerca indipendente anche dall’Istituto Ramazzini).
      Spero che la mia risposta sia almeno in parte soddisfacente, comunque grazie del commento che mi ha concesso un minimo di approfondimento. 🙂

  7. Pingback: zucchero: ovvero sensazioni zuccherine | unpodichimica

  8. Dopo aver visto la trasmissione di Report “Dolce è la vita”, ringraziando il cielo
    che esistano trasmissioni del genere, ho cercato di approfondire l’argomento
    aspartame.
    Il risultato è che oggi mi guardo bene dall’acquistare alimenti contenenti
    ASPARTAME
    ACESULFAME
    FENILANINA
    SUCRALOSIO.
    Mi sbaglio su qualche sostanza o me ne è sfuggita qualcuna?
    Intanto, procedo così

    • Ciao Riccardo,
      applicare il principio di precauzione non è un errore in assoluto, tuttavia la discordia alla base della questione risiede più che altro nel dosaggio. Ogni giorno siamo soggetti a decine di agenti potenzialmente cancerogeni o con effetti peggiori e un rimedio del genere sarebbe equivalente a non prendere più l’automobile per evitare qualsiasi incidente, ma poi potrebbe cascarti un meteorite in testa o potresti cadere dalle scale (se vuoi puoi toccare qualcosa di ferro a te vicino ;)) e ogni cautela perseguita sarebbe diventata vana. Il messaggio che deve passare è quello di essere comunque informati e nel caso di potenziali pericoli agire nella migliore maniera per evitarli o limitarli, soprattutto se non sono indispensabili. Se una volta alla settimana bevi una diet o mastichi una gomma all’aspartame non rischierai una morte prematura solo per quello, ma se insisti o esageri aumenterai le probabilità in gioco per quel particolare ruolo.

  9. Non so più che pensare…tra amianto, wireless, aspartame, fluoruro di sodio, Sodium Lauryl Sulfate…ogni giorno ce n’è una! Uno dovrebbe andare in Tibet e vivere nella foresta! Io mi faccio tante preccupazioni, ma poi alla fine è tutto inutile perchè è impossibile star dietro a tutto!
    Questo mondo è veramente indegno, come se la gente che mette i soldi davanti alla salute fosse immune o non pensasse ai loro figli!
    Sai in quali dentifrici contengono aspartame?
    Cosa ne pensi del Sodium Lauryl Sulfate dato che io mi lavo le mani diverse volte al giorno?

    • Ciao Mattia,
      innanzitutto niente panico, la chemiofobia non ha mai aiutato nessuno ed è assolutamente controproducente. Esistono alcuni sospetti che vanno approfonditi e qualche conflitto di interesse che deve venire alla luce, per il resto continua tranquillo nella tua normalità, informati più che puoi dalle giuste fonti e leggi le etichette con spirito critico senza lasciarti spaventare da ogni allarme. 🙂
      Non saprei quali dentifrici contengono aspartame, ma in fondo mica sono prodotti alimentari? In teoria vanno sputati dopo qualche secondo e anche l’eventuale dolcificante presente non dovrebbe essere metabolizzato perché non entra nel nostro sistema digerente.
      Sul laurilsolfato di sodio non sono ferratissimo, tuttavia sembrano accertate alcune intolleranze che si manifestano con reazioni allergiche e dermatiti, nulla di grave, mentre sulla sua cancerogenicità, sebbene con studi non del tutto esaustivi, si è espressa l’American Cancer Society che ha dichiarato l’assenza di tali effetti. Qui due documenti che ne parlano: Final Report on the Safety Assessment of Sodium Lauryl Sulfate and Ammonium Lauryl Sulfate e Information Sheet about Sodium Lauryl Sulfate del Dipartimento della Salute del Governo Australiano.

      • Innanzitutto grazie per la risposta e complimenti per il blog che ho scoperto oggi!
        Hai ragione sulla fobia…ma sono più che altro seghe mentali che mi faccio perchè alla fine di attenzione ce ne presto ben poca altrimenti, togli questo, togli quello, di cose da fare e da mangiare ne rimarrebbero poche!
        Vorrei però che per una volta si mettese davanti la salute delle persone invece del consumismo anche se parliamo di rischi potenziali. Quello che mi sono sempre chiesto, essendo ignorante in materia, è in che percentuale se una cosa è potenzialmente cancerogena o cancerogena potrebbe influire rispetto all’ordine naturale delle cose dato che molte cose in natura lo sono eppure non ci allarmiamo così. Per esempio le radiazioni solari o quando cuociamo un cibo!
        Volevo approfittarne per chiederti un parere sul sodium lauryl sulfate e sodium laureth sulfate: io mi lavo i capelli praticamente tutti i giorni ma ho da sempre notato (da anni a questa parte) che quando capita di non lavarli dal secondo giorno avverto prurito alla testa. Non ci ho mai dato importanza, pensavo che fossero i miei capelli così. Ma visto che nel tuo commento hai fatto riferimenti a reazioni allergiche e dermatiti, potrebbe la presenza di questi elementi esserne la causa?

      • Ti ringrazio per i complimenti. Concordo che sarebbe bello conoscere per filo e per segno ogni effetto collaterale di qualsiasi sostanza con cui veniamo in contatto, ma è una questione molto complessa e il lavoro effettuato finora è ancora parziale. Ritornando sul laurilsolfato, beninteso: non sono un dermatologo, tuttavia credo che eventuali effetti allergici si manifestino in tempi brevi, qualche ora al massimo, pertanto se il prurito compare dopo un paio di giorni, la sua causa è da ricercarsi altrove. 😉

  10. Su wikipedia e la trattazione degli argomenti pesa sempre il fatto che ogni pagina è frutto di un privato e a volte non è perfetto il controllo dei testi. Mai accettare i contenuti di wikipedia in campo tecnico senza dubbi e senso critico!

  11. Buongiorno Gifh intanto coplimenti per il tuo articolo, molto ben esposto ed equilibrato. Sono un chimico come te, a dir la verità un chimico industriale e di biologia non so molto, il mio campo di specializzazione é riguardante i rifiuti e le acque. Ho una osservazione di carattere generale che viene dalla mia passata esperienza nel campo dei rifiuti ma che credo possa essere estesa nel ragionamento a un po’ tutti i campi. In sostanza il mio dubbio é questo: siamo sicuri che gli ‘studi indipendenti’ lo siano davvero? Non intendo che siano per forza pilotati da organizzazioni, ma che siano condotti da persone con un pregiudizio personale o etico legati magari a qualche movimento salutista. Tu come molti osservate che gli studi che negano la pericolosità dell aspartame sono condotti da enti finanziati da multinazionali – un evidente conflitto di interessi. Ma io da chimico me ne frego del conflitto di interessi: il contenuto degli studi può essere dimostrato invalido? Le analisi sono state condotte bene o male? I campioni usati sono significativi? Applichiamo questo criterio agli studi ‘finanziati’ e a quelli ‘indipendenti’. Solo una può essere la versione corretta, che sia finanziata da multinazionali o meno. Mi chiedo tutto questo perchè da esperto in temi di termovalorizzazione e tecnologie ambientali, sento e leggo ogni giorno pareri di ‘indipendenti’ (purtroppo spesso anche tecnici) che dicono: ‘gli studi a favore degli inceneritori sono pagati da aziende che lavorano in quel campo – usiamo la differenziata’ senza ragionare sul fatto che 1) gli studi ‘contro’ l’ incenerimento in genere sono a loro volta legati a chi lavora nel ‘circuito verde’ quindi eticamente e strategicamente viziati, 2) gli stessi enti che si occupano di differenziazione e riciclo devono mandare a inceneritore o incenerire in loco per recupero energetico. Però non lo dicono.
    Allora sicuri che non si stia facendo lo stesso ‘percorso’ anche per l’ argomento aspartame? A parte l’ etica e i soldi, quali studi sono tecnicamente validi?
    Grazie per lo spazio, e ancora complimenti.
    Alex

    • Caro Alessandro,
      sono deliziato (oltre che onorato per i complimenti di cui ti ringrazio) dal tuo lucido commento, anche se un po’ inquisitorio, ma capisco che quando ci vuole, ci vuole… 🙂 Guarda, con me sfondi una porta aperta e mi offri l’occasione per precisare che lo studio indipendente di per se non ha più valore di qualsiasi altra ricerca, anche se probabilmente ho enfatizzato troppo il fatto che non ci fossero palesi conflitti di interessi, almeno per quanto sono riuscito a comprendere, ma non intendevo asserire che ciò equivale automaticamente ad una gratuita acquisizione di autorevolezza. Tutte le tue domande sono più che lecite, anche se lascio le risposte a chi ne ha più competenza, ma so che la verità non ce l’ha in tasca nessuno, e mai ce l’avrà, tutto quello a cui possiamo aspirare è di avvicinarci il più possibile per quanto ci è possibile. Per questo, considerando il nuovo paradigma di valutazione dello studio citato che tiene conto dell’intera vita del modello animale, che quindi viene ampliato nella sua osservazione, ho espresso un’opinione del tutto personale tendenzialmente più favorevole rispetto a studi precedenti che osservavano solo un limitato segmento della storia clinica, una procedura che maggiormente si presta a bias e si espone più facilmente a fallacie comparative. Come ho scritto anche altrove tuttavia non ho un opinione completamente positiva dei test di tossicità in genere e di cancerogenicità in particolare, basati su sperimentazioni animali, non solo per questioni etiche, ma soprattutto per la scarsa predittibilità che secondo me questi sistemi comportano.
      Di norma comunque in questi casi controversi non abbiamo altra scelta che esaminare review e relative conclusioni e aspettare successive smentite o conferme, giusto per non abbassare mai la guardia quando si tratta della nostra salute.
      Un caro saluto.

      • Ciao Gifh mi riallaccio qui dopo tanto tempo perchè mi é capitato di leggere un articolo del collegium ramazzini sull’ amianto e mi son ricordato che era stato nominato in questo articolo… devo dire che sono rimasto parecchio contrariato perchè il collegio si mostra estremamente e ingiustificatamente assolutistico nelle sue affermazioni, e mi chiedo SE l’ indipendente Morando Soffritti che nomini nell’ articolo sia poi davvero indipendente (che é in sostanza il mio dubbio che avevo già esposto). Quando leggo nello statement del collegium che “ogni forma di asbesto é carcinogena […] non esiste una esposizione sicura all’ asbesto” sto leggendo una assolutistica estensione della pericolosità derivante dal rilascio di filamenti ultra fini a tutte le altre forme. Intendiamoci: che l’ asbesto sia una sostanza pericolosa é vero, che sia carcinogena é vero, ma che il rischio sia in ‘ogni forma’ e che non esista una esposizione sicura all’ asbesto é falso. Puoi prendere un troncone di asbesto non filamentoso e fregartelo addosso quanto vuoi, senza incorrere in rischi di carcinogenesi nè di amplificazione di un carcinoma già presente. Certo, se lo sbricioli o te lo mangi… le cose cambiano. A questo punto mi chiedo il perchè di questo assolutismo, e non posso fare a meno di chiedermi se anche nel caso dell’ aspartame siamo di fronte a un parere dettato da approssimazione ed estensione.
        Ad ogni modo, lungi da me l’ idea di fare l’ avvocato dell’ aspartame (se ne sa ancora troppo poco, nonostante quanto sia stato scritto)

Cosa ne pensi?