Sulla discriminazione tra semimetallo e metalloide (i precari della tavola periodica)

Se c’è una cosa che proprio mi lascia l’amaro in bocca, è quella sensazione di incompletezza che aleggia intorno ad un lavoro incompiuto, come dire a un muratore di costruire un muro e poi abbandonarlo a se stesso, ignorando perfino se il muro sia stato effettivamente costruito oppure no. Quella stessa sensazione che si prova scorrendo le moltitudini di bozze inevase che albergano nei nostri buoni propositi, ma che per un motivo o per l’altro, faticano ad emergere e rimangono li, per una virtuale eternità. Detesto anche le imprecisioni, gli errori grossolani, le incomprensioni dovute ad accordi troppo convenzionali e troppo poco rigorosi o incisivi, al punto da diventare puntiglioso per ogni piccolezza, di quelli che spigolano sui decimali e si accorgono delle sviste con un colpo d’occhio, ma non finiscono mai di correggere le proprie bozze e tantomeno sono capaci di terminarle per davvero, vittime del loro stesso pignolo ed esagerato perfezionismo che si rivela inconcludente più volte del previsto, quando non proprio deleterio.

Per questi motivi quando scopro che nel 2012 esiste ancora una controversia irrisolta che latita indisturbata da almeno 30 anni, in merito alla nomenclatura di uno dei tre gruppi principali in cui si possono suddividere gli elementi chimici secondo le loro proprietà, allora decido di scrivere quella fatidica bozza. Se adesso la state leggendo significa che sono riuscito a sconfiggere il ‘perfettino’ che alberga nel mio subconscio, ma vuole anche dire che vi beccate qualche imprecisione, e di ciò chiedo venia in anticipo.  🙂

Immagino che nessuno batta ciglio se parlo di metalli; chiunque, chimici e non, sanno di cosa sto cianciando. Certo i chimici magari sapranno qualcosa in più, tipo il comune aspetto di un solido che riflette la luce in un certo modo mentre conduce calore ed elettricità oltre ad altri dettagli che vado a tralasciare. Se chiedo cosa sono i non metalli, mi aspetto qualche secondo per una formale pausa di riflessione dopo di che l’intuito deduttivo prende il sopravvento e risponde (ovviamente): “tutto ciò che non è metallico!” Tralasciamo anche qui inutili dettagli e passiamo subito al terzo gruppo. Domanda: “non sono metalli e nemmeno non metalli. Cosa sono?”

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L’aspartame della discordia

I chimici lo conoscono come L-aspartil-L-fenilalanina metilestere, un additivo alimentare noto anche con la sigla E951 che è nato casualmente nei laboratori della ditta G.D. Searle & Company (oggi acquisita dalla Monsanto), quando James M. Schlatter, che stava lavorando alla produzione di un farmaco anti-ulcera, ne scoprì l’inaspettata dolcezza leccandosi il dito contaminato da un prodotto della reazione in atto. Forse sarebbe stato meglio che, come tutti i chimici diligenti, avesse indossato un paio di guanti…

Da allora sono passati quasi 50 anni e oggi l’aspartame è sicuramente l’edulcorante più utilizzato al mondo perché ha un costo basso, un grande potere dolcificante e all’industria alimentare risulta di facile reperibilità e lavorazione. Tra i suoi primati vanta anche quello di essere uno degli additivi alimentari fra i più studiati e testati al mondo, ma anche uno dei più controversi e contestati, con conflitti di interessi che hanno minato la credibilità della FDA e dei vari enti governativi che hanno appoggiato la sua approvazione.

Una battaglia mediatica su più fronti, senza frontiere né scrupoli, non esente da colpi bassi e meschini, per cui più che la chimica ne sono responsabili ambigui protagonisti protetti dalle enormi finanze di cui dispongono, una situazione comune per la quale ci stiamo troppo facilmente rassegnando…

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Scoperta (forse) la cura per la stechiofobia? (Stoichiometry for dummies!)

Il termine stechiofobia deriva dalla fusione delle parole stechiometria e fobia, uno pseudoneologismo che indica l’avversione o l’antipatia per il calcolo applicato alla chimica, quando non si tratta di vero e proprio panico. Usando i termini di proporzionalità, si potrebbe affermare che la matofobia sta alla matematica come la stechiofobia sta alla stechiometria, un rapporto talvolta pregiudizievole, ma spesso indotto da erronei approcci dall’esito disastroso.

Stechiometria deriva dai termini greci στοιχεῖον (stoicheion, elemento) e μέτρον (metron, misura), un’etimologia che rappresenta con chiarezza tutta la sua semplicità. Qualcuno l’ha definita l’arte di sapere il risultato senza contare o l’arte di conoscere il peso senza pesare, misurare tramite il calcolo le quantità delle sostanze che prendono parte alle reazioni chimiche. Con l’ausilio di poche e semplici regolette che, prive della giusta introduzione, diventano facilmente mostri terrificanti che fanno perdere ogni speranza. Esiste però qualche pratico rimedio, don’t panic …

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La chimica ristrutturata su Wikipedia

Lo scambio del sapere e delle esperienze è il solo sistema che possiede una cultura per evolversi, evitando di ristagnare entro i confini dell’ignoranza portatrice di discriminazioni e di pericolose illusioni per il volgo. Il sapere libero comporta tuttavia qualche illuminato compromesso, come molti detrattori di Wikipedia amano evidenziare, ma i punti a sfavore sono ben poca cosa se rapportati agli immensi benefici che un oracolo del sapere come questo ci garantisce tutti i giorni, senza pretendere in cambio alcunché.

Non essendo però una fonte primaria, certamente è necessario che questi limiti non vengano sottovalutati, e bisogna tenerne conto seriamente per evitare problemi ancor più seri. Se per esempio un giorno dovessi decidere di preparare 100 grammi di nitroglicerina, e consultando la pagina di Wikipedia mi viene suggerito di portare il contenitore a bollitura incipiente, perché un vandalo ha pensato bene di fare una goliardata poco prima, beh, penso che potrei anche risentirmi parecchio verso quel sito, bollandolo sicuramente come inaffidabile, sempre che io sopravviva… !!

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