Vacilla il trono dell’acqua regia!

Flaconi di acqua regia

L’acqua regia è una potente miscela di acidi inorganici che detiene l’indiscusso primato dell’agente ossidante più efficace oggi conosciuto, grazie alla sua prodigiosa capacità di dissolvere facilmente i metalli nobili.

La miscela, le cui origini storiche si perdono nell’impossibilità di accertare l’identità del misterioso Pseudo-Geber, è composta in genere da un volume di acido nitrico e tre di acido cloridrico entrambi concentrati, e viene preparata al momento dell’utilizzo, a causa della sua instabilità. Infatti dall’unione dei due acidi minerali si generano due gas, cloro e cloruro di nitrosile, che tendono a lasciare la soluzione nel tempo, rendendola progressivamente sempre più debole.

HNO3 (aq) + 3 HCl (aq) → NOCl (g) + Cl2 (g) + 2 H2(l)

I singoli componenti, se presi da soli, non sono in grado di attaccare i metalli nobili come l’oro e il platino,  mentre insieme formano un energico miscuglio ossidante in grado di estrarre con forza gli elettroni metallici dai loro gusci più esterni, che così passano allo stato ionico in soluzione. Tuttavia tantalio, iridio, osmio, titanio, rodio e pochi altri sono ancora in grado di resistere agli energici attacchi chimici dell’acqua regia.

La novità, che giunge dall’Institute of Technology di Atlanta, Georgia, aggiunge un posto al tavolo del reagentario dei metallurgici, e promette interessanti sviluppi nel settore del riciclaggio selettivo dei metalli nobili nei processi industriali e un inedito aiuto nella manifattura dei nanomateriali.

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Ecco l’antidoto contro l’avvelenamento del catalizzatore nella fuel cell a idrogeno

Produzione di energia a partire dall'idrogeno: alla fine del ciclo si produce energia ed acqua pura. Imagecredit: Wikimedia Commons

Uno degli inconvenienti più critici delle pile a combustibile alimentate con idrogeno ottenuto dal processo di reforming, consiste nel cosiddetto avvelenamento del catalizzatore, una degradazione irreversibile di quest’ultimo causata dalle impurità di monossido di carbonio. Questa contaminazione gassosa è pressoché inevitabile quando l’idrogeno viene prodotto a partire dal petrolio. Anche se si sfruttasse un ingombrante equipaggiamento per la purificazione, necessario per evitare la presenza di monossido di carbonio, la complessità del sistema aumenterebbe al punto di provocare una parallela riduzione delle prestazioni.

I veicoli alimentati da celle a idrogeno promettono un rifornimento più veloce e una maggiore autonomia rispetto ai diversi metodi di alimentazione delle automobili elettriche, ma l’avvelenamento da monossido di carbonio (CO) rappresenta un serio problema. Almeno fino ad ora. Alcuni scienziati statunitensi e giapponesi sono riusciti a creare nuovi catalizzatori  a nanoparticelle che permettono alle celle a combustibile a idrogeno di resistere anche a concentrazioni di CO finora considerate proibitive.

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