Qualcuno già grida all’assedio, scandalizzati i puristi fedeli alla farmacopea tradizionale si affannano nella resistenza più serrata, inermi di fronte al recente imperversare di strani passaggi pubblicitari ed autorevoli prese di posizione tanto decantate dai media generalisti, accomunati nello strenuo tentativo di insidiarsi subliminalmente nel profondo dei subcoscienti più fragili. Una lotta impari che adesso come non mai deve fare i conti anche con la ricerca scientifica e il suo più agguerrito garante: il processo di peer review.
Ma perché un rimedio alternativo senza alcuna pretesa di plausibilità scientifica, riesce a riscuotere un tale successo, perché viene promosso, prescritto, assunto con fede incondizionata, rimborsato come un normale farmaco classico, propagandato come una panacea supportata dall’ambiguo motto Similia similibus curantur?? Questo forse è il vero mistero…
Il principio sul quale si basano le tecniche omeopatiche consiste in una lunga serie di diluizioni, spinte a tal punto da rendere il principio attivo della soluzione madre nient’altro che un mero “ricordo molecolare”. Il paradosso curativo che va contro ogni logica razionale, prevede addirittura che all’aumentare della diluizione, aumenta anche l’effetto terapeutico. Intanto aumentano anche gli interessi economici in gioco, i fatturati dell’industria omeopatica sono in crescita vertiginosa…
Il dibattito scientifico oggi è più acceso che mai, i tentativi di attestarne una sorta di attendibilità circondata da affermazioni più o meno fantasiose sembrano moltiplicarsi e giungono da ogni dove. Secondo il dr. Jayesh Ramesh Bellare dell’Indian Institute of Technology (IIT) di Bombay ad esempio, alcuni rimedi omeopatici molto diluiti a base di metalli, contengono ancora quantità misurabili del materiale di partenza, anche alle diluizioni più estreme, contraddistinte dal valore 200C. Detto così, in una riflessione superficiale ciò non desterebbe molti sospetti, ma proviamo a capire con cosa abbiamo a che fare.
Intanto, osserviamo subito che gli omeopati sono soliti misurare le loro diluizioni con diversi metodi, tanto per distinguersi dalle convenzioni utilizzate in altri ambiti, e per complicare ancor più i calcoli, esistono almeno due diverse scale di potenza: la scala X (talvolta chiamata scala D) e la scala C, separate da un semplice fattore 2, altro mistero inspiegabile. La corrispondenza con la scala di diluizione comunemente utilizzata nei laboratori è riportata nella tabella che segue.
Nella sua ricerca, il team indiano non propone spiegazioni sull’efficacia dei metodi omeopatici, né azzarda ipotesi sui meccanismi terapeutici, tuttavia l’abstract [1] riporta qualcosa di stupefacente:
“Abbiamo dimostrato per la prima volta tramite il microscopio elettronico a trasmissione (TEM), la diffrazione elettronica e l’analisi chimica mediante tecniche di spettroscopia di emissione atomica applicata al plasma ad accoppiamento induttivo (ICP-AES), la presenza di entità fisiche in queste diluizioni estreme, sotto forma di nanoparticelle dei metalli di partenza e i loro aggregati.”
Ora io, da buon chimico impertinente, mi permetto di fare qualche innocua (al pari dei preparati omeopatici) considerazione. Lasciamo perdere la tendenza sempre più abusata nel nominare un nano-qualcosa, che fa sempre il suo spettacolare effetto. Tanto per dare qualche ordine di grandezza preliminare, pensiamo alla dimensione di un protone, o idrogenione, che corrisponde circa a 10-15 metri. Sul versante del macrocosmo invece, l’ampiezza dell’universo osservabile secondo le ultime stime, si estende per 96 miliardi di anni luce, cioè 1027 metri. Un rapido calcolo ci permette di valutare che da un minuscolo protone alle vastità inimmaginabili dell’universo, passiamo “solo 42 ordini di grandezza, se espressi in potenza di 10. Non paghi, consideriamo il contenitore e il contenuto, essendo l’universo in prevalenza costituito da spazio vuoto, grazie al calcolo del fisico e astronomo Sir Arthur Eddington, sappiamo che il totale dei protoni nell’universo corrisponde circa a un numero dell’ordine di 1079, i quali sono dispersi in un volume di 1035 anni luce cubici, o 101645 m³, tralasciando i decimali. Questo significherebbe che mediamente un protone potrebbe essere “diluito” in 1035 m³ di spazio, se solo riuscissimo a performare un’opportuna succussione universale, o dinamizzazione, avremo un volume di soluto su 1078 volumi di solvente. Ah, la potenza delle potenze, rendono tutto così semplice!
Tornando sui numeri altrettanto grandi delle diluizioni omeopatiche, una diluizione di 200C esprime una concentrazione effettiva di una parte di “soluto” in 10400 parti di solvente. Probabilmente i preparati alternativi si avvalgono di numerosi universi alternativi per soddisfare la crescente richiesta del mercato e la fame di solvente. Peccato però che le stesse analisi non rilevano sensibili variazioni nella concentrazione delle tracce di nanoparticelle dalla diluizione 6C (1:10-6) in poi, che graficamente risulta nel tipico comportamento di una iperbole asintotica. Non si sente nemmeno il bisogno di scomodare il nostro beneamato numero di Avogadro, che è uguale a circa 1024 molecole/mole (6,022 1023 mol −1): infatti, mediante una diluizione 12C o una 24D della stessa mole di sostanza, si raggiungerebbero livelli di concentrazione che prevederebbero mediamente, al più, una sola molecola del farmaco per flacone, certo, Heisenberg permettendo!
Non sorprende quindi che anche i teorici sostenitori dell’omeopatia più tenaci si siano arresi, ammettendo che la spiegazione del fenomeno è ignota e i meccanismi non potranno mai trovare un supporto scientifico, continuando però a sostenere che maggiore è la diluizione, maggiore è la potenza curativa dell’improbabile rimedio.
La congettura pseudoscientifica che maggiormente ha fatto discutere, si appoggia alla fantomatica memoria dell’acqua, che si teorizza spiegando che le molecole per un determinato periodo di tempo, anche dopo numerose trasformazioni e a grande distanza dal luogo di origine, conserverebbero una geometria molecolare derivata dagli elementi chimici con cui sono venute a contatto. Questa tesi spesso viene supportata con i dettami dell’elettrodinamica quantistica, la quale descrive tutti i fenomeni che coinvolgono particelle elettricamente cariche interagenti per mezzo della forza elettromagnetica, ed è stata definita il gioiello della fisica per le sue predizioni estremamente accurate di quantità come il momento magnetico anomalo del muone, e lo spostamento di Lamb-Retherford dei livelli energetici dell’idrogeno. Sono certo che Richard Feynman avesse in mente tutt’altro che la medicina omeopatica, quando propose le sue rivoluzionarie teorie…
Adesso tutti potremo sperare che l’acqua non soffra di qualche forma di amnesia, altrimenti ne potrebbe risentire quell’effetto placebo identificato come responsabile di numerose guarigioni che altrimenti avrebbero del miracoloso, e qualcosa ne sa anche il premio Nobel Luc Montagnier, che di recente ha affermato di avere finalmente le prove sperimentali che conferirebbero solide basi scientifiche per l’omeopatia.

Alcuni rimedi omeopatici in pillole. In questo caso il problema della memoria dell'acqua non si pone. Forse è la memoria dello zucchero?
Ora, il premio Nobel potrà anche essere in buona fede, ma di certo non si disturba nel ricordare che già dal 1988, Nature aveva pubblicato un controverso studio [2] di Jacques Benveniste, un immunologo francese che riportava i risultati dell’azione delle diluizioni estreme di immunoglobuline IgE sulla degranulazione dei basofili umani, una congettura che giustificava le pratiche omeopatiche, ma che gettava nell’oblio secoli di conoscenze nei campi della fisica, della chimica e della medicina. Immediatamente una commissione specializzata si mise al lavoro per verificare le affermazioni di Benveniste, ripetendo le sperimentazioni con il metodo scientifico e in doppio cieco. Non fu difficile per la commissione riscontrare una pesante manipolazione dei risultati da parte del medico francese, confermando così i sospetti di una consapevole falsificazione dei dati, una vera e propria truffa insomma.
Benveniste tuttavia riuscì a vincere qualcosa, ben due premi IgNobel per la chimica: nel 1991 per il suo prolifico proselitismo e corrispondente dedicato di Nature, per la sua persistente convinzione che l’acqua, H2O, è un liquido intelligente, e per aver dimostrato alla sua soddisfazione che l’acqua è in grado di ricordare eventi anche molto tempo dopo che ogni traccia di quegli eventi fosse svanita. Nel 1998 arriva il secondo premio, per la sua scoperta omeopatica che non solo l’acqua ha una buona memoria, ma che le informazioni possono essere trasmesse anche su linee telefoniche e via web.
La nuova ribalta, dopo l’infinito numero di improvvisati specialisti omeopati dai miracoli che ci hanno provato in questi ultimi venti anni, vede l’ultimo nato sul percorso della riabilitazione scientifica di questa pratica oramai del tutto fantasiosa, con una dichiarazione straordinaria, degna dei più ciechi appassionati della fantascienza d’autore, e che molti media hanno promosso come fosse la rivelazione del secolo: il DNA si teletrasporta da cellula a cellula!
Immagino i volti perplessi di chi apprende questa notiziola per la prima volta, anche se spero che gli amanti della science fiction siano diventati un po’ più smaliziati di quanto fossero qualche decennio fa. Entriamo nel dettaglio: si tratta di un preprint pubblicato da arXiv [3] in corso di accettazione, dal titolo DNA waves and water (DNA onde e acqua). L’abstract in questo caso riporta (adattamento mio):
Sequenze di DNA batterico e virale inducono onde elettromagnetiche a bassa frequenza in soluzioni acquose estremamente diluite. Questo fenomeno sembra essere innescato dalla radiazione elettromagnetica di fondo a frequenze molto basse. Presentiamo questo fenomeno nel quadro della teoria quantistica dei campi. Viene proposto uno schema in grado di spiegare le osservazioni proposte. Il fenomeno segnalato potrebbe consentire lo sviluppo di sistemi di rilevamento estremamente sensibili per infezioni croniche batteriche e virali.
A questo punto, con estrema pazienza, bisognerebbe analizzare con cura ogni anfratto del paper, alla ricerca di qualche dato incontrovertibile e straordinario che supporti questa tesi altrettanto straordinaria. Fortunatamente in molti si sono prodigati nell’espressione dei proprio dubbi, come Derek Lowe qui e qui, che non si risparmiano di recitare la solita rituale formula magica: portateci dei dati da riprodurre, cosicché possiamo parlare di qualcosa di tangibile, perbacco!
Già perché, come al solito si tratta di non sconfinare nella metachimica, solerte alleata della metafisica, evoluzione alchemica empia di crogiolate di pseudoscienze. Forse non basta sostenere che il fenomeno si manifesta esclusivamente per diluizioni estreme, dove anche la PCR più scrupolosa troverebbe difficoltà di replicazione. Non può essere sufficiente farcire di teorie esotiche una materia consolidata, per dimostrare che una provetta contenente tracce omeopatiche di DNA, grazie all’entanglement quantistico trasmetta informazioni elettromagnetiche capaci di replicare la doppia elica per mezzo delle provvidenziali nanostrutture d’acqua.
Tuttavia non posso che ammirare il dottor Montagnier per il suo (lungimirante? Incosciente?) coraggio nel prendere le parti di una pratica così indifendibile, e gli augurerei ogni fortuna nel suo futuro, se non fosse che spesso l’etica che accompagna questi personaggi, latita inesorabilmente, procurando l’alibi per sperimentazioni azzardate e conflitti di interessi del tutto inopportuni. [4]
Non è superfluo ricordare che in Italia l’immissione in commercio di un prodotto omeopatico è regolata dal Decreto Legislativo n. 185/95 del 17 marzo 1995, in cui all’articolo 3 inoltre si fa espresso divieto di pubblicizzare i prodotti omeopatici. Peccato che ciò non si applichi alla promozione di un’azienda che produce detti preparati.
Facciamo una previsione, scommettete che il prossimo scoprirà che la memoria dell’acqua affonda le sue fondamenta nel teletrasporto temporale? Come dite, c’è già?
Piccola precisazione personale (solo se non vi sono bastate le altre), non ho nulla contro l’omeopatia in sé e i suoi rimedi, considerando la provata efficacia dell’effetto placebo, se una cosa funziona è giusto che venga sfruttata con l’opportuna consapevolezza. Quel che trovo intollerabile, è la pretesa di competizione, nella medicina e nelle altre dinamiche scientifiche, avvallando e predisponendo tutta una serie di cialtronerie senza alcun fondamento che non sia il mero profitto ai danni dell’ignoranza. E gli esempi, anche ai giorni nostri, continuano a suscitare attenzioni e ricerca dell’imponderabile, dando adito ai più furbi di approfittare della fiducia altrui, giocando pericolosamente con la salute e la vita di coloro che credono incondizionatamente.
[1] doi:10.1016/j.homp.2010.05.006
[4] Luc Montagnier e l’omeopatia
Jacques BenvenisteJacques Benveniste
Chikramane, P., Suresh, A., Bellare, J., & Kane, S. (2010). Extreme homeopathic dilutions retain starting materials: A nanoparticulate perspective Homeopathy, 99 (4), 231-242 DOI: 10.1016/j.homp.2010.05.006
Davenas, E., Beauvais, F., Amara, J., Oberbaum, M., Robinzon, B., Miadonnai, A., Tedeschi, A., Pomeranz, B., Fortner, P., Belon, P., Sainte-Laudy, J., Poitevin, B., & Benveniste, J. (1988). Human basophil degranulation triggered by very dilute antiserum against IgE Nature, 333 (6176), 816-818 DOI: 10.1038/333816a0
L. Montagnier, J. Aissa, E. Del Giudice, C. Lavallee, A. Tedeschi, & G. Vitiello (2010). DNA waves and water q-bio.OT arXiv: 1012.5166v1
Bell’articolo. Posso prenderne in prestito alcune parti e pubblicarle sul mio blog (ovviamente citando la provenienza e mettendo un link)?
Certamente Luca, la licenza dei contenuti di questo blog è in accordo con le prescrizioni del Creative Commons 2.5 (Attribuzione Non Commerciale, condividi allo stesso modo). Ovvio che la condivisione non può che farmi piacere! 😉
Vorrei timidamente aggiungere che conosco personalmente uno stimato chimico-fisico, il quale ha investito buona parte della sua carriera nello studio delle ‘soluzioni ad alta diluizione’. Credo che la parte saliente delle sue osservazioni riguardi il procedimento della ‘succussione’, che avrebbe la proprietà di conferire anche all’acqua ‘sic et simpliciter’ comportamenti inattesi, almeno dal punto di vista delle particolari misure condotte (di tutto questo si può succintamente leggere su http://raffrag.wordpress.com/2009/03/31/loscuramento-convenzionale/). Illo tempore, io stesso feci misure sul Raman dell’acqua, le quali, manco a dirlo, ebbero esito negativo. Non mantengo i contatti con lui da alcuni anni e non so quale sia, al momento, lo stato di avanzamento dei suoi studi.
Rimane, ahimé, il fatto che, anche nel caso di ricercatori degni di stima, l’attenzione punti, in successione, prima alla struttura dell’acqua e poi ai suoi effetti ‘omeopatici’. Ad esempio, mi risulta che siano state riportate evidenze in favore della formazione di ‘nanobolle’ gassose nelle soluzioni o nell’acqua succussa. Il comportamento di questi sistemi avrebbe manifestazioni inattese, ma anche su questo gli omeopati si sono buttati a capofitto. Insomma, dalle osservazioni che, se verificate, potrebbero essere interessanti alle tentazioni omeopatiche il passo è breve. Inoltre, le ‘industrie’ impegnate nel settore elargiscono finanziamenti cospicui, che farebbero gola a qualunque ricercatore.
Per il resto, mi risulta che Montagnier punti sui segnali elettromagnetici associati al DNA (l’unica cosa che mi viene in mente è la differenza di potenziale che si può osservare ai capi di una spira che si muove opportunamente in un campo magnetico) e che il ‘teletrasporto’ potrebbe essere parente dell’effetto tunnel. Come dire, è facile passare dalla scienza alla fantascienza, se si accetta che le solide basi matematiche delle teorie scientifiche siano sostituite da sillogismi verosimili, la cui scientificità rimane però tutta da dimostrare. La fantasia fa il resto.
Grazie Raffaele, credo di aver colto l’imbeccata! Perdonami se sdrammatizzo, ma sarà per quello che la Tequila bum bum si prepara con la stessa tecnica? 😀
Oltre alla fantasia, credo che anche il contesto e la previsione di un’opportunità contino parecchio…
Peccato, mi sa che ci siamo giocati anche questo percorso per rompere gli schemi del mainstream, sarà per la prossima volta! 😉
”VILE-MECCANICO” -RIMEMBRANZE STORICHE e SVILUPPI DEL BIO-VITALISMO .
La teoria vitalistica considerava gli esseri viventi qualcosa di
sostanzialmente diverso dalla materia inerte e passiva, ovvero entità
che, elaborando informazione in forma di qualita’ di sensazioni e di
pensiero a differenza ad esempio degli oggetti del mondo minerale
inanimato non si potevano interpretare completamente in base ai
principi riduzionistici della meccanica . Ai tempi della Alchimia alle
attivita meccaniche si associava la parola “VILE” , cioe semplicemente
meccanico, perche privo di qualita’ che fanno seguito alle
trasformazioni nel tempo e quindi di poco valore per capire la natura
della vita. Infatti la meccanica era una attivita’ che si svolgeva
prevalentemente in teatro a cura di artigiani che con carrucole e
pulegge ed altro sistemi meccanici simulavano scenari teatrali fittizi
cambiando a rotazione i pannelli di descrizione ambientale ed altri
sortilegi meccanici.
La alchimia nella sua ricerca dell’ oro dal vile metallo (materia)
congiuntamente alla pietra filosofale (spirito), ricercava la qualita
dei processi di trasformazione nel quadro effettivo della
irreversibilita’ del tempo.
Galileo Galilei utilizzando il cannocchiale per vedere le Lune di
Venere, che girando attorno a Venere falsificavano il sistema
Tolemaico, fu accusato di VILE-MECCANICO.
In seguito il profondo cambiamento della incipiente Societa
Industriale le logiche riduttive del moto meccanico furono elevate a
scienza ad iniziare da I.Newton con la nota Equazione del moto F=ma .
Agli inizi del secolo scorso , ci si rese conto che il riduzionismo
alla meccanica non corrispondeva agli esperimenti effettuati nel
microcosmo a livello atomico e sub-atomico , perche le particelle si
comportavano simultaneamente anche come onde .
Pertanto la energia non poteva essere considerata un continuum e di
conseguenza il tempo, che nella meccanica classica veniva considerato
una quantita reversibile proprio in quanto misurabile
convenzionalmente da un orologio , non aveva piu’ possibilita di
essere interpretato in una logica lineare di successione continua di
istanti. Infatti la simultaneita’ di comportamento di ONDA/PARTICELLA
non poteva piu’ essere rappresentata se il tempo e’ considerato come
una successione lineare e continua di istanti.
La Meccanica Quantistica (MQ) risolse il problema del tempo e della
sua irreversibilita ammettendo che la energia fosse descriviibile da
una serie di stati stazionari indipendenti dal tempo, affidando la
dinamica temporale alla probabilita che le onde/particelle eseguissero
salti reversibili tra i differenti livelli di energia.
In tal modo la MQ ha annullato nuovamente la questione della
irreversibilita del tempo che sostanzialmente distingueva Vitalismo e
Meccanicismo .
Oggi pero siamo di fronte ad un cambiamento strutturale della ormai
obsolescente sovieta industriale basata su concezioni meccaniche e
quanto-meccaniche che rischiano di distruggere la bio-diversita e con
essa la vita del nostro pianeta alterandone irreversibilmente
l’ambiente in cui la vita puo’ evolversi.
Da cio la nuova emergente strategia del BIO-VITALISMO della Quale
discuteranno Massimo Pregnolato e il Gruppo di Quantum BIONET al
Convegno su la INTELLIGENZA STRATEGICA del 19 Marzo 2011 nella Sala
Luca Giordano della Provincia di Firenze. Paolo
— Riferimenti on – Line
http://www.alparavenna.it/rassegna_stampa/Astronomia%20sett.ott.%202009/200905_AstronomiaUaiArticolo.pdf
http://www.cosediscienza.it/bio/10_meccanicismo%20e%20vitalismo.htm
I miei amici omeopati mi hanno segnalato l’ articolo, che, come professore di Chimica Generale dell’ Università di Firenze, sottoscrivo in pieno. Ringrazio altresì l’ autore per i toni sereni con i quali ha trattato l’ argomento e per l’ atteggiamento intrinsecamente propositivo che ha adottato. Questo però non vuol dire che il patrimonio culturale, ancorchè interpretato in maniera talvolta gnoseologicamente aberrante, di coloro che adottano terapie con farmaci diluiti debba essere rigettato per lo sviluppo della medicina futura. Gli studi che abbiamo effettuato nella nostra università mostrano che la risposta del DNA cambia profondamente in funzione della dose di un agente chimico perturbante in un intervallo di concentrazioni che variano dal microgrammo/litro al femtogrammo/litro. Questo porta a due conclusioni: la prima è che cotali terapie potrebbero avere un fondamento almeno parziale. La seconda è che tutta la farmacologia tradizionale andrebbe rivista dal momento che per motivi farmacocinetici una sostanza potrebbe dare un effetto paradosso ovvero dare origine a basse dosi alla reazione contraria di quella osservata ad alte dosi (leggi un anticancro potrebbe stimolare la crescita di cellule cancerose, come è già stato riportato). Non penso che questo messaggio, che definisce la farmacologia delle microdosi, possa essere trascurato.
Mi permetto di intervenire sul tema di Andrea, che, se ho ben capito, si riferisce ai cosiddetti effetti ormetici, che si manifestano con picchi di attività alle basse dosi, perché me ne sono occupato, in anni non troppo lontani. Ho anche messo mano ad un articolo, che è, ahimé, rimasto in sospeso per mia indolenza. Tuttavia, per osservare questi effetti, per i quali c’è una spiegazione plausibile basata sull’equilibrio chimico, è indispensabile la presenza del principio attivo. Pertanto, i picchi di attività alle basse dosi non hanno, a mio avviso, alcuna relazione con i ‘principi’ dell’omeopatia.
Il commento di raffrag riguardo al mio intervento è pienamente centrato. Infatti quegli effetti di cui ho parlato sono interpretabili sulla base del paradigma dell’ ormesi (per i lettori sta a significare che la risultante dell’ interazione di un principio attivo con un organismo vivente dipende dalla quantità del principio attivo). Logicamente come chimico credo nella quantizzazione della materia e vedere Montagnier (sineddoche) sostenere tesi improbabili, per usare un eufemismo, mi fa abbastanza ribrezzo. Questo vale anche per tutti i colleghi che discettano ingiustificatamente sulla memoria dell’ acqua, sull’ entanglement e via dicendo. Il punto però è diverso. Ieri alla presentazione del libro di Salvatore Califano sulla storia delle idee in chimica è stato ricordato come per duemila anni l’ evoluzione della scienza sia stata bloccata dall’ accettazione dell’ idea aristotelica del concetto di vuoto. Non è una novità: basta leggere Kuhn. Il rifiutare le osservazioni di due secoli fatte da decine di migliaia di medici onesti può portare allo stesso errore: bloccare lo sviluppo della medicina per soddisfare la certezza del pregiudizio.
@andrea dei
Gentile professore, La ringrazio per il gradito apprezzamento e per aver innalzato in maniera esemplare il tenore qualitativo di questa discussione. Immagino sia palese il sottile tono sarcastico che caratterizza i miei testi e il mio blog, forse però non sempre riesco ad esternare con chiarezza le mie posizioni e le aperture implicite su argomenti controversi.
Nonostante io non sia un ricercatore, auspico che la ricerca abbia sempre la priorità, su tutto, indipendentemente dalla sua esoticità, e che l’equilibrio tra ricerca pura e applicata sia opportunamente bilanciato, nel riconoscimento che una non possa escludere l’altra.
La chimico-fisica della succussione, il clustering, le microbubbles, placebo, nocebo e quasi-cebo, l’effetto terapeutico delle nanodosi e tutta la ricerca pionieristica che scava nei misteri ancora irrisolti della scienza della materia e della salute, sono per me essenziali e insostituibili, e solo disseminando il percorso di errori, revisioni, ritiri e prese di coscienza, analisi e controanalisi, tesi e antitesi, controversie e smentite, si riesce a progredire con profitto.
Tuttavia mal tollero la scienza da baraccone e lo sfruttamento della popolarità nel campo per interessi personali, e spero davvero di sbagliarmi quando sento certi olezzosi miasmi. Nonostante l’alibi di buona fede che a nessuno può essere negato, la scienza patologica descrive quelle idee delle quali “non ci si riesce a liberare”, anche molto tempo dopo essere state dichiarate erronee dalla maggior parte degli studiosi di un certo settore. Anche se parrebbe un insulto rivolto alla persona, incapace di accorgersi della completa follia dell’obiettivo, non è da interpretare come tale. Esso include infatti l’autoinganno, e per questo motivo va opportunamente distinto dalla frode scientifica (che invece è sempre intenzionale e non colposa).
In ogni caso, non escludo che a volte bisogna guardare le cose con prospettive non convenzionali, e in questo gli orientali sono insuperabili. Basti guardare come la specifica faccenda si è evoluta …
stimati saluti
Il successo e la diffusione dell’omeopatia ci dice che molte malattie possono essere curate senza farmaci, facendo affidamento sulle risorse interne. Questo è interessantissimo per noi, un po’ meno per le case farmaceutiche.
Moltissimi aspetti della medicina tradizionale sono deprecabili.
Che dire del rapporto medico-paziente? Il medico generico non visita, rinvia allo specialista, e lo specialista non guarda il paziente nella sua interezza, ma per il piccolo quadrato del corpo di sua competenza, ma spesso l’approccio riduzionista non permette la soluzione del problema (ne so qualcosa).
E l’eccesso di prescrizione di farmaci? I farmaci sono tossici, non andrebbero assunti in dosi industriali come si fa oggi, perché il medico riceva qualche percentuale sulle vendite dalle case farmaceutiche. E così schiere di vecchiette vanno a T***r (asterischi per non fare pubblicità), tanto per fare un esempio.
Ho seguito su una trasmissione di RaiNews24 un intervista ad un omeopata. Quello che mi è piaciuto è che l’omeopata ricorre alla medicina tradizionale quando è necessario.
Dunque, da quel che ho inteso io, l’omeopatia trova spazio proprio a causa degli errori della medicina tradizionale. Che avrebbe bisogno di una bella rivoluzione. 🙂
Veramente il Medico (quello vero) visita il paziente nella sua interezza… me hanno insegnato, all’Università e poi durante la mia carriera, che il paziente è un tutt’uno…io visito il paziente, non la malattia o la parte colpita…poi cerco di curare la malattia…
farei un esperimento e metterei l’omeopata della mutua, con 10 minuti a disposizione per paziente…credo che l’omeopatia subirebbe un brutto colpo…
p.s.: nons to criticando l’omeopatia, sto criticando la visione banalizzante che molta gente ha del medico…l’idiota visita una parte del corpo, il medico visita il paziente…è la differena tra fare il proprio lavoro (qualunque esso sia)bene o male…poi è ovvio che uno specialista conosca alcune cose meglio di altro non specialisti nello stesso ccampo e dedichi quindi più temp a quello, partendo dal presupposto (in maniera forse un po’ sciocca), che il paziente a lui inviato sia già stato visitato ddal suo medico di medicina generale nella sua interezza…
Per quanto riguarda l’omeopatia…non conosco la biofotonica e non credo ancora che l’acuqa possa essere energizzata, ma…ci son più cose in cielo e in terra di quanto la nostra scienza possa immaginare…chissà…
Ho letto l’articolo sul teletrasporto del DNA sul New Scientist e sono rimasto sconvolto. OK, il New Scientist non è Nature o Science ma ormai sta diventnado come un Focus o un Voyager di casa nostra!
Pingback: The 10:23 Challenge 2011 « A little Skeptic
Pingback: Omeopatia: gli altri blog
credo che la fantascienza sia più da attribuire all’autore di tale articolo medievale da santa inquisizione corrotta e corruttibile.
Sordo et orbo magari per vili interessi di parte
L’omeopatia è una realtà indiscussa in quanto io stesso ho provato la vericidità di chi opera in tale campo avendolo provato di persona come malato che nasconde i risultati per verificare la credibilità di chi indaga. Ad esempio conscio che tra mille rimedi solo uno mi dava risultati, risultati che nascondevo per vedere se chi dietro riusciva a individuarlo, cosa che realmente accadeva.
E posso fare un romanzo di tutto questo.
ritengo la’autore o inmalafede , o inquadrato, e chi quadrato non sarà mai un vero competente. ma solo un indottrinato inginocchaito al santa sanctorum. saluti
Gentile Giusi,
finalmente registro un dissenso, sebbene le sue siano sensazioni (per non dire illazioni) senza alcun fondamento scientifico e impressioni sommarie oltre che soggettive che lasciano il tempo che trovano. Probabilmente non è la malafede la giusta causa da imputare, ma ritengo sia piuttosto l’eccesso di credulità fondamentalista e cieca che fa apparire un comune placebo come l’elisir universale, a dispetto di qualsiasi evidenza che non dipenda dai nostri miseri e fallaci stimoli sensoriali. Sia chiaro, con questo non voglio assolutamente dire che su di lei il rimedio non abbia funzionato, ma questo è un altro paio di maniche… quando poi si riuscirà a capire come si effettua il controllo qualità in questi fantastici preparati, allora potrò anche congedarmi dal santa sanctorum e arrotondarmi un po’! 🙂